
Come ottenere il trattamento di pensione più alto possibile presso l’Inps: quote di trattamento calcolate col sistema retributivo e contributivo.
Voglio andare in pensione col massimo: quante volte abbiamo sentito questa frase, o l’abbiamo pensata in prima persona? Ottenere il più alto trattamento di pensione possibile, certamente, è un desiderio di tutti: ma che cosa vuol dire andare in pensione col massimo? C’è un massimo che si può raggiungere ai fini della pensione, oltre il quale non si può andare? E si tratta di un massimo relativo all’ammontare dell’assegno, quindi di un trattamento che non può salire oltre un certo limite, oppure di un massimo relativo al numero di anni di contributi che possono essere accreditati?
In genere, su questo argomento si fa molta confusione: la dicitura “andare in pensione col massimo” è riferita, in realtà, al vecchio calcolo retributivo della pensione presso alcuni fondi, per il quale si prevedeva la determinazione dell’assegno sulla base di un massimo di quarant’anni di contributi.
Adesso, però, il calcolo retributivo integrale non si applica più, per chi appartiene alle gestioni previdenziali amministrate dall’Inps, perché la legge Fornero ha previsto, per tutti, il calcolo contributivo della pensione a partire dall’anno 2012.
Ma procediamo per ordine, e facciamo il punto sul massimo della pensione: come ottenerlo nelle quote retributive e contributive del trattamento, chi può riuscire ad andare col massimo.
Esiste un massimo della pensione?
Innanzitutto, chiariamo che un massimo della pensione, in senso assoluto, non esiste. Considerando difatti che il calcolo interamente retributivo è stato eliminato, non c’è un tetto massimo di anni di contributi sulla cui base quantificare il trattamento di pensione.
Non esiste nemmeno un importo massimo, oltre il quale la pensione non può salire (ricordiamo, però, la questione del taglio delle pensioni d’oro, che per i trattamenti più alti può arrivare al 40%; inoltre ricordiamo che, più è alto il trattamento, più è tassato).
Come funziona il calcolo della pensione?
Apriamo una piccola parentesi, e ricordiamo che il calcolo retributivo della pensione si basa, per la generalità degli iscritti all’Inps, sulla media delle ultime retribuzioni o redditi, e sulle settimane contribuite:
- sino al 1995, per chi ha diritto al calcolo misto della pensione (cioè per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995);
- sino al 2011 per chi, in passato, aveva diritto al calcolo integralmente retributivo della pensione (cioè per chi ha più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995).
Il calcolo contributivo, invece, si basa sui contributi versati e sull’età pensionabile. Lasciamo stare, per non complicare la trattazione, l’applicazione delle rivalutazioni ai redditi o alle retribuzioni ed ai contributi. (per chi vuole approfondire, comunque, consiglio di leggere: Calcolo retributivo della pensione; Calcolo contributivo della pensione).
Come far salire l’importo della pensione: quota retributiva
Per quanto riguarda le quote retributive della pensione, cioè quelle calcolate con il sistema retributivo, abbiamo appena osservato che i periodi di contributi sulla cui base calcolare il trattamento non possono mai crescere, in quanto sono fermi al 31 dicembre 1995 per i cosiddetti misti ed al 31 dicembre 2011 per gli “ex retributivi puri”.
I periodi possono essere incrementati, eventualmente, se sono riscattati dei periodi precedenti alle date esposte. Può salire, tuttavia, la retribuzione pensionabile, cioè la media delle ultime retribuzioni, o degli ultimi redditi: in sostanza, chi ha prospettive di crescita a fine carriera, vede comunque salire la quota retributiva della pensione, perché diventa più alta la media degli ultimi stipendi o redditi. Attenzione, però: se al termine della carriera ci sono prospettive di peggioramento, cioè c’è il rischio di percepire degli stipendi più bassi, la quota retributiva della pensione scende.
Quindi restare al lavoro non significa necessariamente ottenere il massimo della pensione.
Come far salire l’importo della pensione: quota contributiva
Per quanto riguarda la parte della pensione calcolata con il sistema contributivo, invece, si tratta di una quota che non può mai abbassarsi, ma che è destinata a salire, in quanto il montante contributivo, cioè la somma dei contributi accantonati, può solo essere incrementato e rivalutato.
Il montante contributivo è trasformato in pensione da un coefficiente di trasformazione, cioè da una cifra espressa in percentuale: questa cifra sale con il crescere dell’età pensionabile. Tuttavia, bisogna considerare che, periodicamente, i coefficienti di trasformazione, stabiliti con apposito decreto, vengono diminuiti, nel caso in cui sia riscontrato un incremento della speranza di vita media.
Per chi, dunque, ha intenzione di ritardare la pensione confidando nella sola crescita del coefficiente di trasformazione, la situazione previdenziale va valutata con attenzione: l’aumento dell’assegno di pensione, in rapporto al sacrificio che consiste nella permanenza al lavoro, o nel privarsi per anni della pensione, può non risultare particolarmente conveniente.