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Decreto Sicurezza illegittimo: residenza agli immigrati

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Stop dei giudici al decreto Salvini: migranti richiedenti asilo ammessi al registro dell’anagrafe.

I richiedenti asilo hanno diritto all’iscrizione all’anagrafe, perché possano essere esercitati i diritti fondamentali, di rilievo costituzionale: è quanto stabilito dal Tribunale civile di Bologna, che ha accolto i ricorsi di due immigrati richiedenti asilo. Gli extracomunitari avevano richiesto l’iscrizione all’anagrafe in deroga alla legge appena approvata dal parlamento. La sentenza ha aperto una falla nel dl Sicurezza anche detto “decreto Salvini” – in tema di richiedenti asilo, suscitando il vespaio politico. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha reagito duramente: «Decisione vergognosa, se qualche giudice vuole fare politica, si candidi con la sinistra».

Ai migranti era stata negata l’iscrizione all’anagrafe, sulla base delle previsioni del decreto Sicurezza e di una successiva circolare del Viminale. Ma quali sono le disposizioni del decreto Sicurezza al riguardo?

Il decreto Salvini, nello specifico, prevede che il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo, pur costituendo un documento di riconoscimento, non possa essere utilizzato anche come documento valido per richiedere l’iscrizione anagrafica.

Il titolare di permesso di soggiorno per richiesta asilo può comunque ottenere l’iscrizione ai registri anagrafici, ma deve presentare al Comune un altro documento valido, atto a dimostrare la regolarità del soggiorno in Italia. In ogni caso, il richiedente asilo, anche se non iscritto all’anagrafe, ha ugualmente diritto a fruire dei servizi primari, garantiti con il solo domicilio, come le prestazioni del sistema sanitario o l’istruzione obbligatoria.

In base alla sentenza emessa dal Tribunale di Bologna, però, la mancata iscrizione all’anagrafe impedisce l’esercizio dei diritti di rilievo costituzionale ad essa connessi, tra i quali rientrano il diritto all’istruzione e al lavoro.

Dunque, parliamo di decreto Sicurezza illegittimo: residenza agli immigrati?

La questione non deve essere posta esattamente in questi termini: il Tribunale, difatti, non considera apertamente il decreto Sicurezza illegittimo, ma evidenzia che la norma non contiene un divieto esplicito di iscrizione ai registri anagrafici per i richiedenti asilo. Il decreto si limita a stabilire che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisce titolo per l’iscrizione all’anagrafe.

In sostanza, secondo la magistratura, le disposizioni del decreto Salvini in merito ai requisiti documentali per l’iscrizione anagrafica, non consentendo l’accesso a diritti garantiti dalla Costituzione, non devono essere applicate. Il Tribunale ha quindi ordinato al Comune di Bologna l’iscrizione anagrafica dei due ricorrenti richiedenti asilo.

Le reazioni

Il sindaco di Bologna, Virginio Merola (Pd) ha accolto la sentenza con soddisfazione, ed ha annunciato (con un post su Facebook) che il Comune applicherà quanto disposto dai giudici senza opporsi.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha invece annunciato (su Twitter) che si opporrà alla sentenza, ed ha invitato tutti i sindaci a rispettare la legge.

Il decreto Sicurezza è illegittimo?

Per fare il punto della situazione, fonti del Viminale hanno chiarito che le sentenze di questa tipologia, emesse dal Tribunale civile, non sono definitive, riguardano singoli casi e non cambiano la norma, né possono dichiararla illegittima: per modificare il decreto serve un pronunciamento della Corte Costituzionale.

L’altra “bocciatura” del decreto Salvini

Bisogna infine osservare che la “disapplicazione” del decreto Sicurezza da parte del Tribunale di Bologna non è il primo caso: una decisione analoga è stata presa dal Tribunale di Firenze nel marzo scorso. Il giudice, in particolare, aveva deciso di non applicare il decreto Sicurezza, bloccando il rifiuto del Comune di Scandicci alla richiesta d’iscrizione anagrafica presentata da un rifugiato somalo.

In base a questa prima sentenza, l’iscrizione all’anagrafe non può essere rifiutata dai Comuni perché il diniego, basato sul solo possesso, da parte dell’interessato, del permesso di soggiorno per richiesta asilo, costituirebbe una grave discriminazione.


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