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Orario di lavoro

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Orario lavorativo dei dipendenti: ordinario, straordinario, notturno, a turni, pause, riposi, ore supplementari, flessibilità, ferie e permessi.

I lavoratori dipendenti sono tenuti al rispetto di un orario lavorativo, normalmente stabilito dal datore di lavoro, che deve attenersi a determinati limiti: in particolare, l’orario settimanale ordinario, stabilito dal decreto sull’orario di lavoro [1], non può superare le 40 ore, e deve essere prevista almeno una giornata di riposo alla settimana, di regola coincidente con la domenica. I contratti collettivi possono stabilire un orario settimanale inferiore alle 40 ore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.

In determinati casi, al lavoratore può essere richiesto di svolgere l’attività oltre l’orario ordinario: anche per il lavoro straordinario sono previsti specifici limiti.

I limiti relativi all’orario di lavoro non sono relativi soltanto alle ore di attività settimanali: il dipendente ha, infatti, diritto a un riposo minimo giornaliero, alle ferie annuali e, se previsto dalla contrattazione applicata, anche a dei permessi aggiuntivi. Sono disposte particolari regole in merito al lavoro notturno ed al lavoro a turni.

La finalità principale della normativa sull’orario di lavoro è quella di garantire il recupero delle energie psico-fisiche spese dal dipendente nell’attività lavorativa.

La disciplina della materia è dettata non solo dal decreto sull’orario di lavoro, ma anche dai contratti collettivi, di qualsiasi livello, stipulati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

È bene ricordare che i lavoratori autonomi e parasubordinati (collaborazioni “genuine”, non riconducibili al lavoro subordinato) non sono tenuti al rispetto di un orario lavorativo: la disciplina sull’orario di lavoro si applica, dunque, soltanto ai lavoratori dipendenti, o alle “nuove” collaborazioni non genuine, alle quali si applica la disciplina del lavoro subordinato [2].

Qual è l’orario di lavoro?

Per orario lavorativo s’intende qualsiasi periodo durante il quale il lavoratore svolge le proprie mansioni, o le attività accessorie, a disposizione del datore di lavoro. Sono compresi nell’orario di lavoro anche i periodi in cui il dipendente è obbligato a essere fisicamente presente sul luogo indicato dal datore di lavoro, a disposizione per poter svolgere l’attività in caso di necessità.

A chi si applica il decreto sull’orario di lavoro?

La disciplina dell’orario di lavoro, fondamentalmente dettata dal decreto sull’orario di lavoro [1], si applica alla generalità dei lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti maggiorenni.

La disciplina generale non si applica, invece, ai seguenti lavoratori, destinatari di specifiche disposizioni:

  • lavoratori mobili;
  • personale di volo nell’aviazione civile;
  • lavoratori marittimi;
  • personale della scuola;
  • personale delle Forze di polizia, delle Forze armate;
  • addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali;
  • addetti ai servizi di vigilanza privata.

Per quanto riguarda il personale:

  • che svolge servizi di protezione civile, compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
  • delle strutture giudiziarie, penitenziarie e delle strutture destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica;
  • delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato;

le disposizioni contenute nel decreto sull’orario di lavoro non si applicano in presenza di:

  • particolari esigenze inerenti al servizio svolto;
  • ragioni connesse ai servizi di protezione civile;
  • ragioni connesse agli altri servizi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Infine, la disciplina ordinaria dell’orario di lavoro si applica solo relativamente ai riposi settimanali ed al lavoro notturno, nei casi in cui la durata dell’orario di lavoro non sia misurabile, predeterminabile o possa essere fissata autonomamente dai lavoratori stessi. Tra queste ipotesi rientrano i lavoratori domestici, i dirigenti e il personale direttivo in generale, i lavoratori a domicilio e gli addetti al telelavoro.

Riposo minimo giornaliero

Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore, calcolate dall’ora di inizio della prestazione lavorativa [3].

Il periodo di riposo di 11 ore è un periodo minimo, salvi i casi in cui le deroghe sono consentite, quindi l’eventuale accordo che diminuisca tale periodo è nullo e sostituito di diritto dalla disposizione di legge. Possono essere previste eccezioni alla disciplina per alcune categorie di lavoratori e per specifiche attività, come quelle di guardia, sorveglianza e permanenza, caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, oppure le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione.

Nel periodo di riposo di 11 ore, non devono essere computati:

  • le soste e i riposi intermedi, come la pausa di lavoro obbligatoria per orario giornaliero superiore alle 6 ore;
  • l’interruzione dell’attività per i pasti;
  • le pause di lavoro di durata inferiore a 10 minuti (necessarie, ad esempio, per i bisogni fisiologici);
  • le pause di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti e complessivamente non superiore a 2 ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesto alcun tipo di prestazione lavorativa.

Le interruzioni elencate, difatti, non rientrano nel periodo di riposo giornaliero obbligatorio.

Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo, salvo che per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, come quelle del personale addetto alle pulizie o alla ristorazione, o nell’ipotesi di regimi di reperibilità. In questi casi, è la contrattazione collettiva a disciplinare le più opportune modalità di fruizione del riposo.

Riposo minimo per chi ha più rapporti di lavoro

Il dipendente ha diritto al periodo di riposo giornaliero anche nell’ipotesi in cui risulti titolare di più rapporti di lavoro [3]: non esiste, difatti, il divieto di intrattenere più rapporti di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di incompatibilità (obbligo di fedeltà- divieto di concorrenza).

In queste ipotesi, il lavoratore ha l’obbligo di comunicare ai datori di lavoro l’ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività, nel rispetto dei limiti indicati dal decreto sull’orario di lavoro, e di fornire ogni altra informazione utile in tal senso.

Sanzioni per violazione del riposo giornaliero

La violazione delle disposizioni in materia di riposi giornalieri è punita con differenti sanzioni amministrative, da un minimo di 100 a un massimo di 3mila euro, con una maggiorazione sino a 600 euro, a seconda del numero dei lavoratori e dei periodi a cui la violazione si riferisce.

Riposo settimanale

Il lavoratore ha diritto di fruire di un riposo settimanale:

  • ogni 7 giorni;
  • in misura almeno pari a 24 ore consecutive, da cumulare con le 11 ore di riposo giornaliero (quindi pari a 35 ore);
  • di regola in coincidenza con la domenica.

Il periodo di riposo consecutivo non deve, comunque, essere tassativamente fruito ogni 7 giorni, ma può essere calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni.

Il calcolo della media parte dall’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore, procedendo a ritroso nei 13 giorni precedenti: in questo arco di tempo il dipendente deve aver goduto di almeno un altro giorno di riposo [4].

Sono previste diverse eccezioni alla disciplina: è il caso, ad esempio, del lavoro a turni, o delle attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.

Perché sia possibile derogare alla disposizione che prevede la cadenza del riposo ogni 7 devono essere verificate tre condizioni [3]:

  • devono esistere degli interessi apprezzabili;
  • deve essere rispettata, nel complesso, la cadenza di un giorno di riposo ogni sei di lavoro;
  • non si devono superare i limiti di ragionevolezza, con particolare riguardo alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

È, inoltre, consentito fissare il riposo di 24 ore consecutive in un giorno diverso dalla domenica, nonché attuarlo mediante turni, relativamente a specifiche ipotesi, come servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche, soddisfi interessi rilevanti della collettività o sia di pubblica utilità.

Sanzioni per violazione del riposo settimanale

La violazione delle disposizioni in materia di riposi settimanali è punita con differenti sanzioni amministrative, da un minimo di 200 a un massimo di 10mila euro, con una maggiorazione sino a 2milaeuro, a seconda del numero dei lavoratori e dei periodi a cui la violazione si riferisce.

Pausa giornaliera

Tutti i dipendenti, a prescindere dal contratto collettivo applicato, hanno diritto a una pausa lavorativa, nell’ipotesi in cui l’orario giornaliero superi le 6 ore [5]. In particolare, nell’ipotesi in cui il contratto collettivo applicato non preveda una pausa lavorativa, in presenza di un orario superiore alle 6 ore giornaliere, spetta una pausa non inferiore a 10 minuti.

La pausa di 10 minuti (che devono essere fruiti consecutivamente, come specificato dal Ministero del Lavoro [3]), non retribuita (salvo previsioni di miglior favore della contrattazione) può svolgersi anche sul posto di lavoro, ma durante la stessa il dipendente non può essere adibito ad alcuna attività.

Questa pausa non deve tassativamente essere fruita dopo 6 ore di attività, ma può essere collocata dal datore di lavoro, in base alle esigenze tecniche, produttive o organizzative dell’azienda, in qualsiasi periodo della giornata: può dunque servire a posticipare l’ingresso o ad anticipare l’uscita.

Se, ad esempio, l’orario lavorativo è “spezzato” (ad esempio 9-13; 14-18), la pausa obbligatoria può coincidere con l’ora di interruzione dell’attività, ossia con la pausa pranzo.

La pausa giornaliera non spetta con riferimento ai dipendenti il cui orario di lavoro, a causa delle caratteristiche intrinseche dell’attività esercitata, non è misurato o predeterminato

I videoterminalisti hanno, inoltre, diritto a una pausa di 15 minuti ogni 2 ore di applicazione continuativa al videoterminale [6], retribuita: durante questo lasso di tempo, possono svolgere altre attività, ma non possono essere adibiti all’utilizzo di apparecchiature dotate di monitor.

I lavoratori minorenni hanno diritto a una pausa giornaliera di un’ora, nell’ipotesi in cui l’orario di lavoro superi le 4 ore e mezza al giorno [7].

Lavoro straordinario

Il lavoro straordinario [8] è costituito dall’attività svolta oltre il normale orario di lavoro settimanale, pari a 40 ore o al minor numero di ore previsto dal contratto collettivo applicato.

Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto. Per la precisione:

  • la durata dell’orario di lavoro, per ogni periodo di 7 giorni, non può superare 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, calcolate come media in un periodo non superiore a 4 mesi (possono essere previste specifiche deroghe a questo limite);
  • la durata dell’orario di lavoro può essere calcolata come media in un periodo non superiore a 6 mesi, se previsto dal contratto collettivo di lavoro;
  • la durata dell’orario di lavoro può essere calcolata come media in un periodo non superiore a 12 mesi, se previsto dal contratto collettivo di lavoro a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate nello stesso accordo collettivo.

L’arco temporale di riferimento può superare i 4 mesi, i 6 mesi o l’anno, nell’ipotesi in cui si verifichino assenze per ferie, malattia o periodi equiparabili alla malattia, che non devono essere considerate [3].

L’orario settimanale, per effetto dell’applicazione delle pause e dei riposi minimi, non può comunque eccedere le 77 ore.

In mancanza della disciplina del contratto collettivo, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso:

  • soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore;
  • entro 250 ore annuali.

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:

  • casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive, impossibili da fronteggiare attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
  • casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato oppure a un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse.

In quest’ultimo caso, gli eventi indicati devono essere comunicati in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

Il lavoro straordinario deve essere computato a parte, rispetto alla retribuzione collegata al normale orario di lavoro, e deve essere compensato:

  • con la maggiorazione retributiva prevista dal contratto collettivo di lavoro;
  • con la maggiorazione retributiva prevista dal contratto collettivo di lavoro e con riposi compensativi;
  • con riposi compensativi, alternativi alla maggiorazione retributiva.

Se lo straordinario è svolto in modo continuativo, il lavoratore può essere pagato in modo forfettizzato, purché:

  • non risulti di fatto penalizzato rispetto al pagamento con la maggiorazione oraria;
  • sia previsto il numero massimo delle ore che il dipendente è tenuto a prestare;
  • la retribuzione non sia indipendente dal numero di ore di lavoro svolte.

Banca ore

Il contratto collettivo, o il contratto individuale (solo per i lavoratori assunti a tempo indeterminato) possono prevedere la possibilità di accantonare su un conto individuale (cd. banca ore o conto ore) le ore di straordinario. Il dipendente, nelle modalità stabilite dal contratto collettivo nazionale applicato, può attingere alla banca ore per fruire di riposi compensativi.

Sanzioni per violazione della disciplina del lavoro straordinario

La violazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario è punita con differenti sanzioni amministrative, da un minimo di 200 a un massimo di 10mila euro, con una maggiorazione sino a 2mila euro, a seconda del numero dei lavoratori e dei periodi a cui la violazione si riferisce.

La maggiorazione si applica alle condotte che si realizzano a partire dal 1° gennaio 2019, ed è raddoppiata se, nei 3 anni precedenti, il datore di lavoro risulta destinatario di sanzioni amministrative per gli stessi illeciti.

Se si violano le condizioni di ammissibilità del lavoro straordinario, in mancanza di una disciplina collettiva applicabile, si applica una sanzione da un minimo di 25 a un massimo di 1032 euro, a seconda del numero dei lavoratori e dei periodi a cui la violazione si riferisce.

Se si viola l’obbligo di compensare il lavoro straordinario con maggiorazioni retributive o con riposi compensativi, la sanzione amministrativa va da 51 euro a 154 euro al giorno e per ciascun lavoratore impiegato oltre i limiti temporali

Flessibilità dell’orario di lavoro

Il datore di lavoro, a fronte delle variazioni cicliche delle esigenze produttive, può osservare orari lavorativi settimanali superiori e inferiori all’orario lavorativo settimanale ordinario, a condizione che la media delle ore di lavoro svolte in un anno (o in un periodo inferiore) corrisponda:

  • all’orario normale di 40 ore settimanali;
  • all’orario normale, inferiore, stabilito dal contratto collettivo applicato.

Relativamente alle settimane in cui l’orario è superiore a quello normale, le ore lavorative extra non sono retribuite applicando la stessa maggiorazione prevista per il lavoro straordinario, ma sono recuperate con periodi di riduzione dell’orario di lavoro.

In base al contratto collettivo applicato, possono comunque essere previste delle maggiorazioni sulla retribuzione relativa alle ore lavorate in più. Inoltre, il regime di flessibilità disposto dal contratto applicato stabilisce un limite massimo relativo alle ore aggiuntive, fermo restando il limite di 48 ore settimanali [9].

Lavoro a turni

Il lavoro a turni consiste in un qualsiasi metodo di organizzazione dell’attività, in base al quale diversi lavoratori occupano in successione gli stessi posti di lavoro, seguendo un determinato ritmo.

Attraverso l’alternanza di diversi gruppi di lavoratori, l’orario operativo dell’azienda può coprire l’intero arco delle 24 ore. Per il lavoro a turni, nella generalità dei casi, devono essere rispettate le disposizioni del decreto sull’orario di lavoro, in materia di riposi giornalieri e settimanali, salvo specifiche eccezioni.

I lavoratori turnisti possono essere retribuiti, in base alle disposizioni del contratto collettivo applicato, con:

  • delle maggiorazioni sulla retribuzione ordinaria, comprese nella normale retribuzione (o retribuzione globale di fatto);
  • il riconoscimento di benefici di una natura differente, come riposi compensativi.

Se il turnista deve svolgere ciclicamente l’attività in orario notturno o in giornate festive, il contratto collettivo può prevedere:

  • l’applicazione delle relative maggiorazioni alla retribuzione del lavoratore;
  • l’assorbimento, da parte della maggiorazione per lavoro a turni, delle maggiorazioni per lavoro:
    • notturno;
    • festivo non straordinario.

Lavoro notturno

È considerato lavoro notturno il lavoro svolto nel periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino [10]. I contratti collettivi possono prevedere dei periodi più ampi e definire, a favore dei lavoratori notturni:

  • riduzioni dell’attività lavorativa;
  • maggiorazioni della retribuzione.

È considerato lavoratore notturno chi:

  • durante il periodo notturno svolge almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
  • durante il periodo notturno svolge almeno una parte del suo orario di lavoro, secondo le norme definite dal contratto collettivo applicato;
  • in difetto di disciplina collettiva, è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno 3 ore lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno; questo limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale

Idoneità al lavoro notturno

Prima di introdurre il lavoro notturno, il datore di lavoro deve valutare lo stato di salute dei lavoratori dipendenti da adibirvi, attraverso controlli preventivi e periodici a proprio carico (sorveglianza sanitaria), da effettuare con cadenza almeno biennale.

Il giudizio di idoneità al lavoro notturno, diretto a verificare l’assenza di controindicazioni a tale tipologia di lavoro, può essere emesso sia da una struttura sanitaria pubblica che dal medico competente.

Il lavoratore, se idoneo, è obbligato, su richiesta del datore di lavoro, a prestare servizio nelle ore notturne.

Non sono, però, obbligati a svolgere lavoro notturno [11]:

  • i lavoratori che si trovano nelle eventuali condizioni stabilite dal contratto collettivo applicato;
  • le donne, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino;
  • la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
  • la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; in caso di affidamento condiviso, può astenersi dal lavoro notturno il genitore che in quel momento convive con il figlio minore;
  • i genitori adottivi o affidatari, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia, entro il 12° anno di età del minore;
  • la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 104.

I contratti collettivi, in rapporto alle prestazioni di lavoro notturno, definiscono:

  • le riduzioni dell’orario di lavoro;
  • i trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori

Sanzioni per violazioni in materia di lavoro notturno

Per le violazioni in materia di lavoro notturno, in merito alla sorveglianza sanitaria ed al divieto di adibire le categorie di lavoratori elencate dalla legge, sono previste sanzioni penali: arresto, da un minimo di 2 a un massimo di 6 mesi, a seconda della violazione, e ammenda sino a 4131 euro.

Ferie annuali

Le ferie sono assenze retribuite finalizzate al recupero psico-fisico del dipendente, cioè che permettono al lavoratore non solo di riposarsi, ma anche di poter “recuperare” i rapporti sociali e familiari e i momenti di svago, normalmente compromessi dall’attività lavorativa. Si tratta di un diritto fondamentale e irrinunciabile del lavoratore, previsto dalla legge [12] e dalla Costituzione [13].

Il decreto sull’orario di lavoro [14] prevede il diritto a un minimo di 4 settimane di ferie l’anno, per la generalità dei dipendenti. I contratti collettivi applicati possono stabilire un maggior numero di giornate di ferie.

Delle 4 settimane di ferie (o del maggior periodo spettante in base al contratto collettivo), almeno 2 settimane vanno fruite nell’anno di maturazione, e le ulteriori 2 settimane entro 18 mesi. I contratti collettivi nazionali possono:

  • ridurre il limite delle 2 settimane, per esigenze eccezionali di servizio o aziendali;
  • prolungare il tetto massimo di 18 mesi per la fruizione delle settimane di ferie residue, purché non sia snaturata la finalità delle assenze, quindi purché si consenta al dipendente un’adeguata tutela psicofisica.

Solitamente, la maturazione delle ferie avviene in proporzione ai mesi lavorati: in pratica, per ogni mese matura un rateo di ferie pari a un dodicesimo delle ferie totali che spettano in un anno.

Ad esempio, se il contratto collettivo prevede il minimo legale di 26 giornate l’anno di ferie, è dovuto, per ogni mese lavorato, un rateo di 2,167 giornate.

Il rateo ferie mensile spetta integralmente se il mese è lavorato per intero, o per una frazione pari o superiore a 15 giorni.

Le ferie non possono essere monetizzate, cioè che non possono essere sostituite da un’indennità; fanno eccezione le seguenti ipotesi:

  • cessazione del contratto di lavoro: il termine del rapporto dà diritto al pagamento delle ferie residue maturate e non godute, in quanto non potrebbero essere altrimenti fruite;
  • contratto di lavoro di durata inferiore all’anno;
  • periodi aggiuntivi rispetto alle 4 settimane minime, in quanto si tratta di periodi extra rispetto a quelli previsti dalla legge;
  • mancata fruizione per esigenze aziendali, con impossibilità di successivo godimento in altro momento;
  • invio del lavoratore all’estero con rinegoziazione delle condizioni contrattuali.

Gli elementi costitutivi della retribuzione dovuta per le giornate di ferie sono individuati dalla contrattazione collettiva e dal patto individuale [15].

Generalmente, nella retribuzione per ferie sono compresi gli elementi tipici della paga (paga base, contingenza…) e i compensi corrisposti in modo ricorrente, mentre sono esclusi i compensi di natura occasionale.

Vige comunque il principio secondo cui la retribuzione per ferie deve coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore [16]: in caso contrario, il diritto alle ferie potrebbe risultare compromesso, in quanto il lavoratore potrebbe evitarne la fruizione per non perdere le voci della retribuzione corrisposte solo in caso di effettivo servizio.

Sanzioni per violazioni in materia di ferie

Il mancato godimento delle ferie nei termini stabiliti (come osservato, normalmente 2 settimane entro l’anno di maturazione e le ulteriori 2 settimane entro 18 mesi) espone il datore di lavoro a pesanti sanzioni che vanno:

  • da 100 a 600 euro per ciascun lavoratore cui è riferita la violazione;
  • da 400 a 1500 euro per ciascun lavoratore, se la violazione è commessa per più di cinque lavoratori ovvero si è verificata per almeno due anni;
  • da 800 a 4500 euro per ciascun lavoratore, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata per almeno quattro anni.

Le sanzioni non si applicano nel caso in cui non sia possibile rispettare il periodo minimo di 2 settimane nell’anno di maturazione, per cause imputabili esclusivamente al lavoratore (ad esempio, prolungati periodi di assenza per malattia, maternità, infortunio).

Per approfondire: Il diritto alle ferie.

Permessi e congedi

Il dipendente, oltre alla fruizione delle ferie, ha la possibilità di assentarsi dal lavoro, per brevi periodi, utilizzando i permessi, oppure per periodi più lunghi, utilizzando congedi e aspettative.

Il permesso è un’assenza dal lavoro, solitamente di breve durata, riconosciuta dalla legge o dal contratto collettivo applicato: può spettare su base oraria o per determinati motivi, come l’assistenza di un familiare disabile o l’effettuazione di un esame. Solitamente, i permessi sono retribuiti, ma vi sono diversi casi in cui l’assenza, pur essendo legittima, non è retribuita.

Per approfondire: Permessi lavorativi, come funzionano.


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