
Pensionamento di vecchiaia anticipato per invalidità: il requisito agevolato di età deve essere aumentato in base agli adeguamenti alla speranza di vita?
Tra i differenti trattamenti pensionistici agevolati, riveste particolare importanza la cosiddetta pensione di vecchiaia anticipata per invalidità. Si tratta di una tipologia di pensione di vecchiaia che può essere ottenuta a 55 anni, per le donne, ed a 60 anni per gli uomini, se si tratta di lavoratori:
- dipendenti del settore privato;
- con almeno 20 anni di contributi (ad eccezione di coloro che rientrano nelle deroghe Amato, ai quali bastano 15 anni di contributi);
- con invalidità pensionabile almeno pari all’80%.
Ma i requisiti di età per questa pensione devono essere adeguati alla speranza di vita? In altre parole, per la pensione di vecchiaia anticipata i requisiti aumentano?
Nel caso in cui debbano essere applicati gli adeguamenti alla speranza di vita, la pensione di vecchiaia anticipata, dal 2019 sino al 31 dicembre 2022, può essere ottenuta con 56 anni di età per le donne e 61 anni per gli uomini, oltre all’attesa della finestra di 12 mesi.
Alcuni esperti in materia previdenziale sostengono da tempo che, in merito alla pensione di vecchiaia anticipata per invalidità, non sia espressamente prevista l’applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita dei requisiti di età. L’Inps, invece, sostiene il contrario, ossia che gli adeguamenti debbano applicarsi a tutte le pensioni per le quali è previsto un requisito di età.
Sul punto si è espressa, di recente, la Cassazione [1]: vediamo allora che cos’ha deciso la Suprema Corte e perché.
Che cosa sono gli adeguamenti alla speranza di vita?
Gli adeguamenti alla speranza di vita consistono nella modifica dei requisiti di età per la pensione (o dei requisiti contributivi, ma solo nel caso in cui non sia previsto alcun requisito di età per il trattamento). La modifica si basa sulla speranza di vita media, come accertata dall’Istat e validata dall’Eurostat.
Ogni quanto si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita?
Il decreto anticrisi del 2009 [2] aveva inizialmente previsto un adeguamento dei requisiti della pensione alla speranza di vita quinquennale, a partire dal 2015. Successivamente, la cosiddetta legge Sacconi del 2010 [3] ha previsto un adeguamento biennale, ed infine la legge Fornero ha introdotto gli adeguamenti ogni biennio [4].
Ad oggi, quindi, gli adeguamenti alla speranza di vita si applicano ai requisiti per la pensione ogni 2 anni.
A quali pensioni si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita?
In base a quanto disposto dal decreto anticrisi del 2009 [2], gli adeguamenti alla speranza di vita si applicano alle pensioni per il cui conseguimento è prevista un’età minima.
In base a quanto esposto nella legge Sacconi, gli adeguamenti devono essere applicati anche alle pensioni per le quali non è previsto un requisito di età. Ne sono un esempio la pensione anticipata ordinaria, precoci e la pensione di anzianità in totalizzazione.
A quali pensioni non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita?
Gli adeguamenti periodici non si applicano ai lavoratori per i quali viene meno l’abilitazione allo svolgimento della specifica attività lavorativa per il raggiungimento di un determinato limite di età. Questo è quanto accade, ad esempio, in merito agli autoferrotramvieri: qualora, a seguito del giudizio d’idoneità, il titolo abilitante non sia rinnovato, l’età per la pensione di vecchiaia è pari a 60 anni e sono applicate finestre di attesa pari a 3 mesi [5].
Bisogna poi osservare, per quanto riguarda le gestioni di previdenza dei liberi professionisti, che gli adeguamenti alla speranza di vita si applicano in modo differente, a seconda di quanto stabilito negli specifici regolamenti degli enti.
Gli adeguamenti alla speranza di vita si applicano alla pensione di vecchiaia anticipata?
In merito alla pensione di vecchiaia anticipata per invalidità, diversi esperti, assieme ad alcune associazioni sindacali, hanno sempre sostenuto che gli adeguamenti alla speranza di vita non debbano essere applicati.
Questo, sulla base della cosiddetta legge Amato [6], secondo la quale l’elevazione dei limiti di età per la pensione non si applica agli invalidi in misura non inferiore all’80%.
Bisogna però osservare che la legge Sacconi [3] stabilisce che gli adeguamenti alla speranza di vita debbano essere applicati a tutti i regimi e alle gestioni pensionistiche, ad eccezione di coloro il cui titolo abilitativo venga meno al compimento di una determinata età.
La pensione di vecchiaia anticipata a causa dell’invalidità, però, consiste semplicemente in un’anticipazione dei normali tempi di perfezionamento del diritto alla pensione, quindi in una deroga ai limiti di età per il normale pensionamento [7].
In altri termini, anche se l’invalidità consente di acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base dei requisiti di età vigenti prima dell’entrata in vigore della legge Amato [6], la prestazione ottenuta resta un trattamento di vecchiaia e non consiste in un trattamento diretto d’invalidità. Pertanto, la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità soggiace alla generale previsione dell’aumento dell’età pensionabile in dipendenza degli incrementi della speranza di vita: così ha deciso la Cassazione [1].
Per gli invalidi dall’80%, resta comunque il vantaggio dell’anticipazione dell’accesso al pensionamento di vecchiaia, quindi dell’applicazione ad un limite di età più favorevole rispetto a quello previsto per la generalità dei cittadini. In questo modo si realizza un bilanciamento tra l’interesse della sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico e l’esigenza di tutela degli invalidi.