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Assegno ordinario d’invalidità

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Assegno ordinario d’invalidità: che cos’è, quando spetta, come si calcola, quando viene ridotto.

L’assegno ordinario d’invalidità è una prestazione, riconosciuta dall’Inps, che spetta a chi possiede  un’invalidità riconosciuta, cioè una riduzione della capacità lavorativa, superiore ai 2/3. Ne hanno diritto la generalità dei lavoratori iscritti alle gestioni Inps: ad esempio, l’assegno d’invalidità spetta a chi è iscritto al fondo pensione lavoratori dipendenti, o alle gestioni speciali degli artigiani e dei commercianti, o alla gestione separata. Anche le casse dei liberi professionisti prevedono delle prestazioni legate all’invalidità degli iscritti, ma con regole diverse. L’assegno ordinario d’invalidità spetta anche a chi lavora, ma viene ridotto se il reddito prodotto supera determinate soglie di reddito. Facciamo allora il punto sull’assegno ordinario d’invalidità: come funziona, chi ne ha diritto, come si calcola.

Quali sono i requisiti per l’assegno ordinario d’invalidità?

Perché si possa ottenere l’assegno ordinario d’invalidità è necessario possedere:

  • almeno 5 anni di contributi;
  • almeno 3 anni di contributi versati nell’ultimo quinquennio;
  • un’invalidità riconosciuta superiore ai 2/3, ossia la riduzione della capacità lavorativa a meno di 1/3.

Come si valuta l’invalidità?

L’invalidità al lavoro, da non confondere con l’invalidità civile, si valuta sulla base non solo dell’attività svolta in precedenza, ma di ogni altra occupazione che il lavoratore possa svolgere, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre a ulteriore danno la propria salute. In sostanza, si deve rilevare la residua capacità lavorativa in occupazione confacenti alle proprie attitudini [2].

Come si calcola l’assegno ordinario d’invalidità?

Per sapere a quanto ammonta l’assegno d’invalidità, bisogna considerare che il trattamento è calcolato allo stesso modo della generalità delle pensioni dirette, cioè:

  • col sistema retributivo sino al 31 dicembre 2011 (che si basa sulla media degli ultimi stipendi), poi contributivo (questo sistema si basa invece sulla contribuzione accreditata e sull’età pensionabile), per chi possiede almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • col sistema retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: si tratta del cosiddetto sistema misto;
  • col sistema integralmente contributivo per chi non possiede contributi versati alla data del 31 dicembre 1995.

Quando si riduce l’assegno d’invalidità?

L’assegno ordinario d’invalidità è cumulabile con i redditi da lavoro, ma limitatamente. Per i titolari di assegno di invalidità, difatti, la legge prevede una riduzione dell’assegno se il titolare continua a lavorare e supera un determinato limite di reddito. In particolare:

  • se il reddito supera 4 volte il trattamento minimo annuo l’assegno d’invalidità si riduce del 25%: in pratica, se il reddito supera 26.676,52 euro annui (che corrispondono al trattamento mensile, 513,01 euro per il 2019, moltiplicato per 13 mensilità e per 4), l’assegno d’invalidità è ridotto di ¼;
  • se il reddito supera 5 volte il trattamento minimo annuo l’assegno d’invalidità si riduce del 50%: in pratica, se il reddito supera 33.345,65 euro annui (che corrispondono al trattamento mensile, 513,01 euro, moltiplicato per 13 mensilità e per 5), l’assegno d’invalidità viene dimezzato.

Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi con l’assegno di invalidità ridotto, in ogni caso, non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe qualora il reddito risultasse pari al limite massimo della fascia immediatamente precedente a quella nella quale il reddito posseduto si colloca.

Quando si applica la seconda riduzione dell’assegno d’invalidità?

Se l’assegno già ridotto resta lo stesso superiore al trattamento minimo, cioè supera 513,01 euro mensili,  può subire un secondo taglio, in questo caso una trattenuta. L’applicabilità di questa riduzione dipende dall’anzianità contributiva dell’interessato:

  • con almeno 40 anni di contributi non deve essere applicata alcuna trattenuta aggiuntiva;
  • con meno di 40 anni di contributi scatta la seconda trattenuta, che varia a seconda che il reddito provenga da lavoro dipendente o autonomo:
  • relativamente al lavoro dipendente, la trattenuta è pari al 50% della quota di assegno che eccede il trattamento minimo, entro comunque l’importo dei redditi da lavoro percepiti;
  • relativamente al lavoro autonomo, invece, la trattenuta è pari al 30% della quota eccedente il trattamento minimo, ma non può essere superiore al 30% del reddito prodotto.

Questa seconda riduzione non può essere applicata se:

  • l’ulteriore reddito conseguito è inferiore al trattamento minimo;
  • il lavoratore è impiegato in contratti a termine di durata inferiore a 50 giornate nell’anno solare;
  • il reddito conseguito deriva da attività socialmente utili svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani promossi da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private, o da altre peculiari attività (operai agricoli, collaboratori familiari, giudici di pace e tributari, amministratori locali, cariche pubbliche elettive…).

Trasformazione dell’assegno d’invalidità in pensione di vecchiaia

Al compimento dell’età pensionabile, cioè quando l’assegno viene trasformato d’ufficio in pensione di vecchiaia, le riduzioni dell’assegno d’invalidità non scattano più, in quanto il trattamento  di vecchiaia è pienamente compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa. In caso di trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia la pensione è dunque cumulabile con i redditi da lavoro.

L’assegno d’invalidità viene trasformato automaticamente in pensione di vecchiaia al compimento di 67 anni di età, se si possiedono almeno 20 anni di contributi; il requisito di età dovrebbe aumentare a 67 anni e 3 mesi nel 2021, e dovrebbe continuare ad aumentare di 3 mesi ogni biennio, se gli incrementi alla speranza di vita attesi rispecchieranno quelli reali riscontrati dall’Istat.

L’interessato potrebbe comunque chiedere la pensione di vecchiaia anticipata al maturare del requisito di 61 anni di età (se uomo; al maturare del requisito di 56 anni di età se donna), se l’invalidità riconosciuta è almeno pari all’80% e rientra tra i beneficiari di questo tipo di pensione agevolata: dovrebbe però sottoporsi a una nuova visita da parte di un’apposita commissione medica Inps, in quanto è necessario che sia accertato il possesso dell’invalidità pensionabile(i cui parametri differiscono da quelli dell’invalidità civile [1]) in misura almeno pari all’80%.

La pensione di vecchiaia anticipata viene liquidata dopo 12 mesi dal perfezionamento dei requisiti.

Una volta liquidata la pensione, che si tratti di quella anticipata o di quella di vecchiaia ordinaria, non viene più applicata alcuna riduzione.

L’assegno d’invalidità è integrabile al minimo?

Anche l’assegno d’invalidità, come le altre pensioni, è integrabile al trattamento minimo: questo vuol dire che, se dal calcolo della pensione o dell’assegno deriva un trattamento di importo inferiore a un limite stabilito (il cosiddetto minimo vitale), al titolare della prestazione viene attribuita un’integrazione, l’integrazione al minimo, appunto.

Per quanto riguarda lintegrazione al minimo dell’assegno d’invalidità, però, le regole sono differenti da quelle previste nella generalità dei casi, in quanto l’agevolazione è disciplinata dalla legge di Revisione della disciplina dell’invalidità pensionabile.

Per approfondire: Integrazione al minimo dell’assegno d’invalidità.


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