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Reddito di cittadinanza 2019

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Pensione minima e reddito minimo contro la povertà: come funziona, a quanto ammonta, a chi spetta, quali requisiti e adempimenti per ottenerlo?

È operativo a partire da aprile 2019 il reddito di cittadinanza da 780 euro al mese, che viene riconosciuto a due fasce di destinatari: alle famiglie con soli componenti over 67 o disabili gravi è erogata la pensione minima di cittadinanza, che costituisce, di fatto, un’integrazione di tutte le pensioni ed i redditi sotto la soglia di povertà. Il reddito di cittadinanza spetta invece a tutti coloro che si trovano sotto la soglia di povertà, se vi sono dei componenti del nucleo familiare under 67. I primi sussidi sono già stati liquidati.

Il reddito di cittadinanza, inserito in un apposito decreto in materia di previdenza e assistenza [1], è stato recentemente convertito in legge.

Ai cittadini, in cambio del sussidio mensile sino a 780 euro (per i single; per le famiglie con più componenti, l’integrazione prevista è maggiore), si richiede però la ricerca assidua di un’occupazione, assieme alla frequenza di corsi di formazione e 8 ore di lavoro a favore del proprio Comune di residenza. Sono esclusi dalle attività di politica attiva del lavoro i disabili (che possono però beneficiare del collocamento mirato), coloro che hanno compiuto 65 anni e gli studenti.

Il sussidio risulta sicuramente più incisivo rispetto al precedente reddito d’inclusione Rei, dato che quest’ultima misura offre un reddito massimo di quasi 540 euro mensili, per una famiglia di 5 e più persone (gli importi sono inferiori per i nuclei familiari di meno componenti, si parte da un minimo di circa 190 euro al mese); il reddito di cittadinanza richiede tuttavia un impegno notevole per il beneficiario, e il soddisfacimento di numerose condizioni.

La riforma dei centri per l’impiego, in base a quanto afferma il Governo, dovrebbe comunque trasformare il reddito di cittadinanza in una misura straordinaria, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro ed assicurando realmente il collocamento dei disoccupati, aspetto in cui gli attuali strumenti previsti in abbinamento al Rei si sono rivelati poco efficaci.

La pensione minima di cittadinanza da 780 euro costituisce invece una misura strutturale, non essendo possibile chiedere ai pensionati over 67 di cercare lavoro per aumentare il reddito: le risorse necessarie potrebbero risultare ad ogni modo sostenibili, con la riduzione del sussidio per chi non paga l’affitto o il mutuo, e grazie alla previsione dei limiti di reddito Isee e dei limiti patrimoniali.

Ma procediamo per ordine, e facciamo il punto della situazione sul reddito di cittadinanza 2019: come funziona, chi sono i beneficiari, a quanto ammonta, quali sono i requisiti e gli adempimenti richiesti, come ottenerlo.

Come funziona il reddito di cittadinanza?

Cerchiamo innanzitutto di capire le caratteristiche fondamentali del nuovo reddito di cittadinanza: questo sussidio consiste in una prestazione economica mensile, esentasse, accreditata a favore di coloro che possiedono un reddito sotto la soglia di povertà, assieme a ulteriori requisiti patrimoniali.

È considerato al di sotto della soglia di povertà ai fini del reddito di cittadinanza chi possiede un reddito inferiore ai 780 euro mensili, in caso di nucleo familiare con un solo componente, su cui grava l’affitto o il mutuo; la soglia di povertà è più alta, per le famiglie con più persone, sino ad arrivare a 1.536 euro al mese per le famiglie numerose con disabili o anziani.

In particolare, se la famiglia ha più componenti, il reddito è aumentato dello 0,4 per ogni persona maggiorenne e dello 0,2 per ogni figlio minore, sino a un punteggio massimo di 2,1 (2,2 per le famiglie con disabili gravi o non autosufficienti). Con riferimento al singolo componente, la soglia di reddito personale annuo da rispettare non deve essere superiore ai 6mila euro annui, che sale a 7.560 euro se il beneficiario ha diritto alla pensione di cittadinanza.

L’indicatore Isee del nucleo familiare (si tratta, in pratica, di un indice che “misura la ricchezza delle famiglie”) richiesto per il diritto al sussidio ammonta a 9.360 euro. Inoltre, per ottenere il beneficio sono previsti limiti legati al patrimonio mobiliare e immobiliare.

La prestazione è accreditata con una carta acquisti (Carta Rdc), una carta Postepay, che consentirà di pagare le utenze, l’affitto e il mutuo, di prelevare contanti sino a un massimo di 210 euro al mese (220 per le famiglie con disabili gravi o non autosufficienti) e l’acquisto di beni e servizi di base.

Come funziona la pensione di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza non interessa soltanto i lavoratori e i disoccupati che si trovano sotto la soglia di povertà, ma anche gli anziani ed i pensionati. A questo proposito, la nuova normativa dispone infatti che, per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, o da disabili gravi (in base a un recente emendamento) il reddito di cittadinanza assume la denominazione di pensione di cittadinanza, quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane.

I requisiti per la pensione di cittadinanza sono gli stessi previste per il reddito di cittadinanza, salvo alcune eccezioni. L’attuale integrazione al trattamento minimo, pari a 513 euro mensili, e le ulteriori maggiorazioni, possono dunque essere ulteriormente integrate dalla pensione di cittadinanza per chi ne ha i requisiti; la pensione di cittadinanza integra, comunque, anche il reddito di chi non ha diritto alle maggiorazioni, e addirittura il reddito di chi non ha diritto alla pensione.

La pensione di cittadinanza non comporta, tuttavia, l’aumento diretto di eventuali pensioni e trattamenti, ma può essere erogata su carta acquisti o ritirata, in banca o alle poste, senza bisogno di utilizzare la carta Rdc.

A quanto ammonta il reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza ammontano a un massimo di 780 euro mensili per ogni persona adulta senza reddito, con un mutuo o l’affitto a carico; per chi ha delle entrate, reddito e pensione di cittadinanza integrano gli importi percepiti sino ad arrivare al sussidio spettante calcolato. Nello specifico, l’importo del reddito di cittadinanza è determinato da due quote, che integrano il reddito della famiglia:

  • la prima quota ammonta a una soglia massima pari a 6mila euro annui, cioè arriva a un massimo di 500 euro al mese (630 euro al mese, 7.560 euro annui nel caso di pensione di cittadinanza) per il singolo componente del nucleo familiare; in presenza di più componenti si può arrivare a massimo 12.600 euro, cioè a 1.050 euro al mese (1.323 euro al mese, 15.876 euro annui per la pensione di cittadinanza); se nel nucleo sono presenti disabili gravi o non autosufficienti, la quota base del reddito di cittadinanza può arrivare a 1.100 euro mensili, e la quota base della pensione di cittadinanza a 1.386 euro mensili (in presenza di almeno 4 componenti);
  • la seconda quota del reddito è riconosciuta alle famiglie che pagano l’affitto dell’abitazione, ed è pari al canone annuo previsto dal contratto di affitto, sino a un massimo di 3.360 euro all’anno, 280 euro al mese (150 euro al mese, 1.800 euro annui per chi percepisce la pensione di cittadinanza);
  • nel caso di famiglie residenti in abitazioni di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato stipulato un contratto di mutuo da un componente della famiglia, la seconda quota è pari alla rata del mutuo, fino a un massimo di 150 euro al mese, 1.800 euro annui.

In ogni caso il beneficio economico:

  • non può superare la soglia di 9.360 euro annui (780 euro al mese) nel caso di nucleo familiare con un solo componente, ridotta del valore del reddito familiare; la misura massima in caso di più componenti può arrivare, in teoria, a 19.656 euro annui, 1.638 euro mensili; in concreto, per il 2019, la soglia massima arriva a 1.330 euro mensili per il reddito di cittadinanza (1380 per le famiglie numerose con disabili gravi o non autosufficienti) ed a 1.473 euro mensili per la pensione di cittadinanza( 1536 per le famiglie numerose con disabili gravi o non autosufficienti);
  • non può essere inferiore a 480 euro annui (40 euro al mese).

Come aumenta il reddito di cittadinanza?

Facciamo alcuni esempi per capire come aumenta il reddito di cittadinanza, al crescere dei componenti del nucleo familiare.

Per un single senza reddito che paga l’affitto, la quota base del reddito è 500 euro al mese, a cui bisogna aggiungere 280 euro d’integrazione per il canone di locazione (ipotizzando che sia pari o superiore a 280 euro al mese): l’importo ammonta dunque a 780 euro mensili.

Per una famiglia di tre persone che paga l’affitto, con genitori disoccupati a reddito zero e figlio minorenne a carico, il reddito di cittadinanza del nucleo aumenta del 40% per il coniuge e del 20% per il figlio minore: in pratica, all’importo della quota base di 500 euro va aggiunto il 60% (40%+20%), cioè l’importo va moltiplicato per 1,6, quindi ammonta a 800 euro, ai quali vanno aggiunti i 280 euro mensili d’integrazione per l’affitto. Il reddito mensile ammonta perciò a 1080 euro.

Per una famiglia di 5 persone, con genitori disoccupati a reddito zero e 3 figli minorenni a carico, il reddito di cittadinanza del nucleo aumenta del 40% per il coniuge e del 20% per ogni figlio minore: in pratica, l’importo della quota base di 500 euro va aumentato del 100%, ossia moltiplicato per 2, quindi ammonta a mille euro, ai quali vanno aggiunti i 280 euro mensili d’integrazione per l’affitto. Il reddito mensile ammonta così a 1280 euro.

Il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza sono esentasse e non pignorabili.

Qual è la scala di equivalenza per il reddito di cittadinanza?

Ecco, esposto in tabella, il funzionamento della scala di equivalenza per il reddito di cittadinanza e per la pensione di cittadinanza.

Scala di equivalenza RdC

1 per il primo componente
+ 0,4 per ogni ulteriore componente con + di 18 anni
+ 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne
fino a un massimo di 2,1
fino a un massimo di 2,2 se in famiglia almeno un componente è disabile grave o non autosufficiente

Chi ha diritto al reddito di cittadinanza?

Possono chiedere il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza i cittadini maggiorenni che soddisfano le seguenti condizioni:

  • si trovano in stato di disoccupazione o in stato di non occupazione (cioè hanno perso il posto o non hanno mai lavorato), o in stato di disoccupazione parziale (ossia hanno un lavoro, ma un reddito inferiore a determinate soglie); per i beneficiari di pensione di cittadinanza, gli studenti o i lavoratori il cui nucleo ha un reddito inferiore alle soglie di povertà, il requisito non è richiesto;
  • non hanno presentato le dimissioni nei 12 mesi precedenti la domanda; i lavoratori dimissionari sono infatti esclusi dal reddito per un anno, ma il nucleo può beneficiare del sussidio;
    • per i detenuti ed i ricoverati in una struttura a carico dello Stato il sussidio è sospeso (la famiglia ha diritto al reddito, ma il parametro della scala di equivalenza non tiene conto di queste persone); il diritto al reddito è ugualmente sospeso per chi ha subito una misura cautelare personale, anche adottata all’esito di convalida dell’arresto o del fermo, o una condanna, anche con sentenza non definitiva, per determinati reati [2];
  • sono in possesso della cittadinanza italiana o di Stati dell’Unione europea, o sono familiari di un titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, o cittadini di altri Stati in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
  • sono residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, in modo continuativo (questo requisito deve essere verificato dai Comuni entro 30 giorni dalla concessione del sussidio);
  • possiedono un indicatore Isee del nucleo familiare inferiore a 9.360 euro;
  • possiedono un valore del reddito familiare inferiore a 6 mila euro, riferito al singolo componente, o a 7.560 euro, in caso di pensione di cittadinanza; l’importo è elevato sino a 9.360 euro per chi paga l’affitto ed è da adeguare col parametro della scala di equivalenza;
  • possiedono immobili, oltre alla prima casa, per un valore totale inferiore a 30mila euro, anche all’estero;
  • possiedono un patrimonio mobiliare familiare (conti, carte prepagate, titoli, libretti, depositi, obbligazioni, partecipazioni…) non superiore a 6mila euro; questa soglia è incrementata di 2mila euro per ogni componente del nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10 mila euro, incrementati di ulteriori mille euro per ogni figlio successivo al secondo; i massimali sono ulteriormente incrementati di 5mila euro per ogni componente con disabilità, come definita a fini Isee, e di 7500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza;
  • nessun componente della famiglia deve possedere autoveicoli immatricolati da meno di 6 mesi, o con cilindrata superiore a 1.600 cc e motoveicoli immatricolati nei 2 anni precedenti, o con cilindrata superiore a 250 cc; nessuno deve possedere navi o imbarcazioni da diporto; possono essere posseduti i veicoli per disabili;
  • è presente una  dichiarazione Isee in corso di validità per il nucleo familiare.

Si può presentare l’Isee corrente per il reddito di cittadinanza?

Ai fini del reddito di cittadinanza, se sussistono le condizioni (cessazione o sospensione dell’attività lavorativa) è possibile presentare anche l’Isee corrente. Per approfondire: Isee corrente, come funziona. Inoltre, nei casi in cui ricorrano le condizioni per la presentazione dell’Isee minorenni, ci si deve riferire all’indicatore così determinato.

Reddito di cittadinanza per chi supera la soglia di reddito

Se il nucleo familiare supera la soglia di reddito di 6mila o 7.560 euro (da moltiplicare per la scala di equivalenza), ma non la soglia Isee di 9.360 euro, può aver comunque diritto alla quota del reddito di cittadinanza spettante per chi ha l’affitto o il mutuo a carico.

Per sapere l’importo della seconda quota di Rdc o Pdc alla quale si ha diritto, bisogna eseguire le seguenti operazioni:

  • calcolare la quota relativa all’affitto o al mutuo, moltiplicando la soglia Isee (9360 euro) per l’importo della scala di equivalenza della famiglia e sottraendo il reddito familiare annuo;
  • confrontare questo importo con l’affitto annuo dovuto;
  • dividere il minor importo per 12;
  • spetta sempre il minor importo tra l’integrazione della soglia ottenuta moltiplicando la somma di 9.360 per la scala di equivalenza, al netto del reddito familiare, e la somma effettivamente corrisposta a titolo di affitto o mutuo.

Come funziona la carta Rdc?

Il reddito di cittadinanza è erogato attraverso la carta Rdc, una carta rilasciata dalle Poste e ricaricata mensilmente dall’Inps.

Tramite la carta è possibile:

  • pagare l’affitto e il mutuo;
  • acquistare beni e servizi per le esigenze dei componenti della famiglia;
  • prelevare contanti (sino a un massimo di 100 euro, da moltiplicare per il valore della scala di equivalenza).

Non è possibile fare acquisti online o di beni vietati.

Vuoi sapere tutto, ma proprio tutto, sulla carta Rdc? Ad esempio se può usarla solo il titolare, se puoi acquistare un cellulare, un vestito, che cosa fare se la smarrisci? Leggi la nostra Guida alla carta Rdc.

Chi lavora o percepisce la disoccupazione ha diritto al reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza, come abbiamo osservato, è compatibile con l’attività lavorativa: nello specifico, se il lavoratore ha un contratto part time, il suo salario viene integrato, attraverso il reddito di cittadinanza, fino ad arrivare alla soglia di reddito calcolata per il nucleo.Come abbiamo osservato, si può arrivare a un’integrazione del reddito del nucleo familiare  pari a 1380 euro al mese per il reddito di cittadinanza, 1536 euro per la pensione di cittadinanza.

Per chi inizia un’attività lavorativa successivamente al periodo di riferimento dell’Isee presentato, è però necessario presentare, assieme alla domanda di Rdc o Pdc, dei modelli integrativi, indicando il reddito non compreso nell’Isee ed il reddito presunto.

Naspi e altre prestazioni collegate allo stato di disoccupazione sono compatibili col reddito di cittadinanza sino al limite della soglia calcolata.Ai fini del diritto al beneficio e della definizione dell’ammontare, gli emolumenti percepiti rilevano
secondo quanto previsto dalla disciplina dell’Isee.

Chi percepisce prestazioni di assistenza ha diritto al reddito di cittadinanza?

Il decreto prevede che, ai fini del reddito e della pensione di cittadinanza, il reddito familiare è determinato al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell’Isee non più in godimento, ed include i trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti del nucleo familiare. Fanno eccezione le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi, cioè i trattamenti per il diritto ai quali il reddito non è rilevante, come l’assegno di accompagnamento.

Non sono inclusi nel valore dei trattamenti di assistenza il pagamento di arretrati, le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi e le esenzioni e agevolazioni per il pagamento di tributi, i rimborsi di spese sostenute, i buoni servizio o altri  titoli che svolgono la funzione di sostituzione di servizi. Non rileva, poi, il bonus bebè.

Chi fa parte del nucleo familiare per il reddito di cittadinanza?

Il nucleo familiare per il Rdc coincide con quello definito a fini Isee, con le seguenti precisazioni:

  • marito e moglie fanno parte dello stesso nucleo familiare anche a seguito di separazione o divorzio, se continuano ad avere la stessa residenza; se la separazione o il divorzio sono avvenuti dopo il 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale;
  • i componenti già facenti parte del nucleo familiare Isee o dello stesso nucleo anagrafico, continuano a farne parte ai fini dell’Isee anche a seguito di variazioni anagrafiche, se continuano a risiedere nella medesima abitazione;
  • il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare di questi solo se possiede un età inferiore a 26 anni, è fiscalmente a loro carico, non è coniugato e non ha figli.

Per ottenere il reddito di cittadinanza si deve lavorare?

In base a quanto previsto dal decreto in materia, il beneficiario del reddito di cittadinanza si deve impegnare non solo a cercare assiduamente un lavoro ed a riqualificarsi, ma anche a svolgere gratuitamente attività per il proprio Comune di residenza, se previste, sino a un massimo di 8 ore settimanali.

Per chi si rifiuta di lavorare è prevista la decadenza dal sussidio. Sono però esonerati i disabili (come definiti dalla legge sul collocamento mirato, cioè gli appartenenti alle categorie protette) e gli studenti, nonché coloro che percepiscono la pensione di cittadinanza e gli over 65. Possono essere esonerati coloro che hanno carichi di cura ed i disabili gravi, come definiti ai fini Isee (vedi: Reddito di cittadinanza, benefici per disabili).

Per quanto riguarda, poi, la partecipazione alle iniziative di politica attiva del lavoro previste per il beneficiario del reddito, per l’interessato è obbligatorio (a meno che non si tratti di una persona esonerata):

  • dichiarare l’immediata disponibilità al lavoro;
  • aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale;
  • offrire la propria disponibilità per progetti utili alla collettività realizzati dal proprio Comune, sino a un massimo di 8 ore alla settimana;
  • frequentare percorsi per la qualifica o la riqualificazione professionale;
  • cercare attivamente e quotidianamente lavoro;
  • comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito o della situazione lavorativa;
  • accettare uno dei primi tre lavori congrui offerti, o il primo lavoro, dopo 18 mesi dalla percezione del sussidio; in base alla conversione in legge del decreto, un’offerta di lavoro non può essere considerata congrua se la retribuzione non risulta almeno pari a 858 euro mensili.

Chi ha un lavoro a tempo pieno, ma è sottopagato, ha comunque diritto al reddito o alla pensione di cittadinanza.

Il cosiddetto working poor è assimilato alla disoccupazione: in sostanza, chi lavora, ma ha un reddito così basso da non essere tassato (cioè la sua fascia di reddito appartiene alla no tax area: le detrazioni sono più alte dell’Irpef dovuta), può beneficiare delle misure di politica attiva del lavoro come chi è in possesso dello stato di disoccupazione perché privo d’impiego.

I beneficiari del Rdc saranno assistiti, nelle attività di politica attiva del lavoro, da dei tutor, i navigator. Per approfondire: Navigator centro per l’impiego, bando e requisiti.

Ma osserviamo più nel dettaglio tutti gli adempimenti per ottenere il reddito di cittadinanza.

Quali sono gli adempimenti per mantenere il reddito di cittadinanza?

Una volta ottenuto il sussidio, i componenti del nucleo familiare maggiorenni devono dichiarare l’immediata disponibilità al lavoro, presso i centri per l’impiego o tramite un’apposita piattaforma digitale (Siulp), entro 30 giorni dal riconoscimento del Rdc.

Sono esonerati dalla disponibilità al lavoro i componenti del nucleo studenti, disabili (come definiti dalla normativa sul collocamento mirato), già occupati o di età pari o superiore a 65 anni. I disabili gravi e i componenti con carichi di cura possono ugualmente essere esonerati da uno o più obblighi.

Il richiedente, se non rientra tra gli esonerati, entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, è convocato direttamente dal centro per l’impiego, grazie alla banca dati della piattaforma digitale, se uno dei componenti della sua famiglia:

  • è disoccupato da non più di due anni;
  • ha un’età inferiore ai 29 anni;
  • è beneficiario della Naspi, di un altro sussidio di disoccupazione, o ne ha terminato la fruizione da non più di un anno;
  • ha sottoscritto un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego.

La dichiarazione di immediata disponibilità deve essere resa anche dagli altri componenti non esonerati del nucleo, in occasione del primo incontro presso il centro per l’impiego.

Patto per il lavoro

I beneficiari del reddito di cittadinanza non esonerati dagli obblighi di politica attiva devono stipulare, presso un centro per l’impiego o un intermediario accreditato, un patto per il lavoro, che ha caratteristiche simili al patto di servizio personalizzato previsto per chi richiede l’indennità di disoccupazione, ma prevede delle attività aggiuntive.

In particolare, sottoscrivendo il patto per il lavoro ci si obbliga a:

  • collaborare con l’operatore che deve redigere il bilancio delle competenze, per definire il contenuto del patto stesso;
  • accettare espressamente gli obblighi e rispettare gli impegni previsti nel patto e, in particolare:
    • registrarsi sull’apposita piattaforma digitale Rdc, anche tramite portali regionali, e consultarla quotidianamente come supporto nella ricerca del lavoro;
    • svolgere attività di ricerca attiva di lavoro, secondo le modalità definite nel patto, e comunque con cadenza almeno settimanale;
    • accettare di essere avviato ai corsi di formazione o riqualificazione professionale, o ai progetti per favorire l’auto-imprenditorialità, secondo le modalità individuate nel patto;
    • sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi competenti e in attinenza alle competenze certificate;
    • accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue; in caso di fruizione del beneficio in fase di rinnovo, cioè dopo 18 mesi, deve essere accettata, a pena di decadenza dal beneficio, la prima offerta utile di lavoro congrua;
    • offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti comunali utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il comune di residenza, mettendo a disposizione un massimo di 8 ore alla settimana.

Patto per l’inclusione sociale

Nel caso in cui l’operatore del centro per l’impiego ravvisi che nel nucleo familiare dei beneficiari del Rdc siano presenti particolari criticità, che rendono difficoltoso l’avvio di un percorso di inserimento al lavoro, invia il richiedente ai servizi comunali competenti per il contrasto della povertà, che si coordinano a livello di ambito territoriale, per la valutazione multidimensionale del bisogno.
del bisogno e la firma di un Patto per l’inclusione sociale. Si tratta di un progetto personalizzato di contrasto alla povertà, che tenga conto delle particolari situazione di salute o di degrado riscontrate.

Convocazioni di massa dai centri per l’impiego

I centri per l’impiego, a partire dal 2 settembre 2019, hanno 30 giorni di tempo per convocare i beneficiari del reddito di cittadinanza destinatari delle misure di politica attiva del lavoro, per sottoscrivere il patto per il lavoro. Sono attese oltre 764mila convocazioni, che potranno avvenire anche tramite email o sms. Entro il 15 dicembre i centri per l’impiego effettueranno la presa in carico, verificando i casi di esonero ed esclusione.

Controlli straordinari sulle famiglie

Dal mese di ottobre 2019, è operativo il nuovo piano straordinario di controlli, da parte dei comuni, sull’Isee e sulla residenza delle famiglie beneficiarie del reddito di cittadinanza. Ogni comune, difatti, entro la fine del mese di ottobre, deve procedere a controlli sulla composizione del nucleo familiare dichiarato ai fini Isee: le verifiche devono riguardare almeno il 5% delle famiglie beneficiarie di Rdc residenti sul territorio comunale.

Inoltre, il comune è tenuto a verificare, entro 30 giorni dalla concessione del sussidio, il requisito della continuità di residenza dei beneficiari in Italia negli ultimi due anni.

I controlli prevedono anche l’incrocio dei dati con le informazioni in possesso degli uffici anagrafici e dei servizi sociali.

I risultati delle verifiche sono inviati all’Inps entro 10 giorni, tramite piattaforma Gepi (piattaforma per la gestione dei patti per l’inclusione sociale), perché siano accertate le eventuali sanzioni e, nei casi previsti, siano trasmesse all’autorità giudiziaria.

Quando non si può rifiutare un’offerta di lavoro?

Chi percepisce il reddito di cittadinanza deve accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, la prima offerta di lavoro congrua in fase di rinnovo del sussidio.

Ma quando un’offerta di lavoro è congrua ai fini del reddito di cittadinanza? In base a quanto disposto dal decreto sul reddito di cittadinanza:

  • se il lavoratore percepisce il reddito di cittadinanza da non più di 12 mesi, l’offerta di lavoro deve avere le seguenti caratteristiche:
    • dal punto di vista della coerenza professionale, deve riguardare uno dei settori individuati nel patto di servizio sottoscritto dal lavoratore;
    • la retribuzione offerta deve essere maggiore di 858 euro mensili;
    • la distanza dal luogo di lavoro non può essere superiore a 100 km dalla residenza dell’interessato, o comunque deve essere raggiungibile in 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta; la distanza dal luogo di lavoro non può essere superiore a 250 km dalla residenza dell’interessato se si tratta di seconda offerta; la sede di lavoro può trovarsi ovunque, nel territorio italiano, se si tratta di terza offerta;
  • se il lavoratore percepisce il reddito di cittadinanza da oltre 12 mesi, l’offerta di lavoro deve avere le seguenti caratteristiche:
    • dal punto di vista della coerenza professionale, deve riguardare uno dei settori individuati nel patto di servizio sottoscritto dal lavoratore, o contigui ai settori individuati;
    • la retribuzione offerta deve essere maggiore di 858 euro al mese;
    • la distanza dal luogo di lavoro non può essere superiore a 250 km dalla residenza dell’interessato se si tratta di prima o seconda offerta; la sede di lavoro può trovarsi ovunque, nel territorio italiano, se si tratta di terza offerta;
  • se il lavoratore ha ottenuto il rinnovo del reddito di cittadinanza, l’offerta di lavoro deve avere le seguenti caratteristiche:
    • dal punto di vista della coerenza professionale, può riguardare qualsiasi settore lavorativo;
    • la retribuzione offerta deve essere maggiore di 858 euro mensili;
    • la sede di lavoro, esclusivamente nel caso in cui nel nucleo familiare non siano presenti componenti di minore età o disabili, può trovarsi ovunque nel territorio italiano; in questo caso, il beneficiario continua a percepire il reddito di cittadinanza per altri 3 mesi, a titolo di compensazione per le spese di trasferimento sostenute, o per altri 12 mesi, se nel nucleo ci sono minori o disabili.

Il rapporto di lavoro, per quanto riguarda la durata, deve essere:

  • a tempo indeterminato;
  • a termine o con contratto di somministrazione, con una durata di almeno tre mesi.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro, il rapporto deve essere a tempo pieno, o a tempo parziale, con un orario non inferiore all’80% rispetto all’orario dell’ultimo contratto di lavoro.

Lo stipendio previsto, poi, non deve essere inferiore ai minimi della contrattazione collettiva. In base alla conversione in legge del decreto Rdc, la retribuzione deve risultare superiore alla misura massima del reddito di cittadinanza fruibile dal singolo (vale a dire a 780 euro mensili), più il 10%: in parole semplici, l’offerta di lavoro, per essere considerata congrua, deve offrire uno stipendio mensile almeno pari a 858 euro (780 euro +78  euro, il 10%).

Per quanto riguarda la pensione di cittadinanza, invece, non è necessario lavorare, in quanto rivolta agli over 67. In un certo senso, la pensione di cittadinanza funziona in modo analogo all’attuale integrazione al trattamento minimo ed alle maggiorazioni, perché si tratta di un sussidio condizionato dal reddito, e  non dalle misure di politica attiva del lavoro. L’integrazione, però, è accreditata nella carta acquisti, carta Rdc/Pdc, e non direttamente sulla pensione o sulla prestazione già percepita.

Che cosa succede al reddito di cittadinanza se rifiuto un lavoro?

L’interessato che percepisce il reddito di cittadinanza può rifiutare al massimo due proposte lavorative congrue (come  definite dal decreto sulla riforma degli ammortizzatori sociali, come integrato dal decreto sul reddito di cittadinanza) nell’arco del periodo di fruizione del reddito. Ha anche la possibilità di recedere dall’impiego per due volte nell’arco dello stesso periodo. Se, però, percepisce il reddito in fase di rinnovo, deve accettare il primo lavoro congruo proposto.

In caso contrario, perde il sussidio. Ad ogni modo, per chi rifiuta un’offerta di lavoro congrua sono previsti severi controlli della Guardia di Finanza, volti a verificare lo svolgimento di lavoro nero. Si rischia anche il carcere, ne abbiamo parlato in: Reddito di cittadinanza, controlli per chi rifiuta il lavoro.

Assegno di ricollocazione per beneficiari del reddito di cittadinanza

I beneficiari di Rdc hanno anche diritto a una prestazione economica che può arrivare sino a 5mila euro, l’assegno di ricollocazione.

L’assegno è riconosciuto sotto forma di voucher spendibile presso i centri o le agenzie per l’impiego, o presso i delegati della Fondazione consulenti per il lavoro, che possono incassarlo solo se riescono a trovare una nuova occupazione al beneficiario della misura.

La misura dell’assegno varia non solo a seconda della durata del contratto di lavoro concluso dal disoccupato, ma anche del suo profilo di occupabilità, che dipende dall’età, dal sesso, dall’istruzione, dall’esperienza e dalla residenza: in pratica, più è difficile collocare il lavoratore, più è alto l’assegno per chi trova lavoro, sino a 5mila euro.

I percettori del sussidio beneficiari di Rdc, come osservato, sono tenuti a stipulare il Patto per il lavoro con il centro per l’impiego: decorsi 30 giorni dalla data di liquidazione della prestazione, ricevono dall’Anpal l’assegno di ricollocazione (Adr) da spendere presso i soggetti abilitati ai servizi di assistenza al reimpiego.

A pena di decadenza dal reddito di cittadinanza, inoltre, il beneficiario di Rdc deve attivare il servizio di assistenza intensiva alla ricollocazione: in pratica, deve scegliere il soggetto erogatore del servizio di assistenza e fissare la data del primo appuntamento, entro 30 giorni dal riconoscimento dell’assegno.

Se il soggetto erogatore prescelto non si attiva nella ricollocazione del beneficiario, questo deve rivolgersi ad un altro soggetto erogatore.

Quali sono i vantaggi per chi assume un beneficiario del reddito di cittadinanza?

Il datore di lavoro deve comunicare i posti disponibili telematicamente, attraverso il sistema informativo dell’Anpal.

Se viene assunto un beneficiario di Rdc a tempo pieno e indeterminato, anche con contratto di apprendistato, il datore di lavoro beneficia di un esonero contributivo, pari all’importo mensile del Reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore e comunque entro 780 euro mensili.

La durata dell’esonero è pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute del Reddito di cittadinanza, ma lo sgravio non può essere  inferiore a 5 mensilità.

Contestualmente all’assunzione il datore di lavoro può stipulare, se necessario, un patto di formazione, presso il centro per l’impiego, con il quale garantisce al lavoratore un corso formativo o di riqualificazione professionale.

Il patto di formazione può essere stipulato anche dagli enti formativi accreditati. Se il percorso di formazione porta ad un’assunzione a tempo pieno e indeterminato, l’esonero contributivo per il datore di lavoro è dimezzato, fino ad un massimo di 390 euro mensili, e spetta per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e il numero delle mensilità di Rdc già godute, comunque per un periodo non inferiore a 6 mensilità.

La restante metà dell’importo spetta all’ente formativo accreditato, sotto forma di sgravio contributivo, sempre per un massimo di 390 euro mensili.
Sia nel primo che nel secondo caso, l’agevolazione è riconosciuta solo se l’assunzione realizza un incremento occupazione netto del numero di dipendenti, nel rispetto dei principi generali stabiliti per gli incentivi alle assunzioni.

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia esaurito gli incentivi fruibili, può beneficiare delle agevolazioni all’assunzione tramite credito d’imposta.

Agevolazioni per chi si mette in proprio

Sono previsti dei vantaggi anche per i beneficiari di Rdc che si mettono in proprio, avviando un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa, entro i primi 12 mesi di fruizione del beneficio.

Gli viene infatti riconosciuto, in un’unica soluzione, un beneficio addizionale pari a 6 mensilità di Reddito di cittadinanza, nei limiti di 780 euro mensili.

Come si perde il reddito di cittadinanza?

È molto facile decadere dal diritto al reddito di cittadinanza: per chi utilizza documenti falsi, omette informazioni obbligatorie o non dichiara le variazioni di reddito è prevista addirittura la reclusione, assieme alla perdita del sussidio per 10 anni.

Nel dettaglio, se per ottenere o mantenere il beneficio sono utilizzati o presentati dichiarazioni e documenti falsi o attestanti cose non vere, o si omettono informazioni dovute, chi consegue indebitamente il sussidio è punito:

  • con la reclusione da 2 a 6 anni;
  • con la revoca retroattiva del beneficio;
  • con l’impossibilità di chiedere il sussidio prima che siano decorsi 10 anni dalla condanna.

Le sanzioni, assieme all’impossibilità di chiedere il beneficio per 10 anni, sono previste anche per chi non comunica le variazioni rilevanti per il diritto al reddito: la variazione del reddito è presunta nel caso in cui sia accertato che l’interessato lavora in nero o “in grigio”, cioè che ha un rapporto di lavoro non dichiarato o un rapporto per il quale è dichiarata una retribuzione più bassa, come il “finto part time“.

Si decade dal reddito di cittadinanza anche quando uno dei componenti del nucleo familiare:

  • non sottoscrive il patto per il lavoro o il patto per l’inclusione sociale, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero;
  • non attiva, avendone diritto, il servizio di assistenza intensiva alla ricollocazione;
  • non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, o ad altre iniziative di politica attiva o di attivazione;
  • non lavora gratuitamente nei progetti comunali, se istituiti;
  • rifiuta un’offerta di lavoro congrua, dopo averne già rifiutate due;
  • rifiuta un’offerta congrua dopo 18 mesi di fruizione del beneficio;
  • non effettua le comunicazioni obbligatorie, o effettua comunicazioni false, producendo un beneficio economico del reddito di cittadinanza maggiore;
  • non presenta una dichiarazione Isee aggiornata, in caso di variazione del nucleo familiare;
  • rende una dichiarazione falsa (anche nella dichiarazione Isee).

Riduzione del reddito di cittadinanza

Se gli interessati non si presentano alle convocazioni disposte nel patto è prevista:

  • la decurtazione di una mensilità del sussidio, in caso di prima mancata presentazione;
  • la decurtazione due mensilità alla seconda mancata presentazione;
  • la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.

Nel caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento, da parte anche di un solo componente del nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni:

  • la decurtazione di due mensilità, in caso di prima mancata presentazione;
  • la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione.

In caso di mancato rispetto degli impegni previsti nel patto per l’inclusione sociale relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne, o degli impegni di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni:

  • la decurtazione di due mensilità dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni;
  • la decurtazione di tre mensilità al secondo richiamo formale;
  • la decurtazione di sei mensilità al terzo richiamo formale;
  • la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo.

L’Inps si occupa di applicare le sanzioni diverse da quelle penali e del recupero del sussidio non dovuto: le informazioni sulle violazioni sono trasmesse all’istituto dai centri per l’impiego e dai comuni.

Se il reddito di cittadinanza non è integralmente speso nel mese di fruizione, può essere ridotto sino al 20%. Per approfondire: Come utilizzare la carta Rdc.

Se l’interessato decade dal sussidio, il reddito di cittadinanza può essere richiesto solo decorsi 18 mesi dalla data del provvedimento di decadenza. Non può essere richiesto prima del termine da un altro componente della famiglia.

Nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilità, il termine per richiedere nuovamente il reddito di cittadinanza è ridotto a 6 mesi.

Come si chiede il reddito di cittadinanza?

Il modulo di domanda per il reddito di cittadinanza è stato predisposto dall’Inps: si tratta del modulo SR 180, o Rdc/Pdc, che può essere scaricato anche dal portale web dell’istituto o dal portale del reddito di cittadinanza.

Il modulo di domanda deve essere presentato dal richiedente alle Poste, o presso uno sportello Caf o ancora, telematicamente, attraverso il nuovo portale del reddito di cittadinanza (Redditodicittadinanza.gov.it). Si prevede anche la possibilità di presentare la domanda di reddito di cittadinanza assieme alla dichiarazione Isee, online tramite sito web dell’Inps, a breve.

Le informazioni contenute nella domanda del reddito di cittadinanza devono essere comunicate dal sito web, dalle Poste o dal Caf all’Inps, entro 10 giorni lavorativi dalla richiesta.

Per il riconoscimento del beneficio, l’Inps deve verificare, entro 5 giorni lavorativi dalla data di comunicazione, il possesso dei requisiti d’accesso. I Comuni, inoltre, devono verificare i requisiti di residenza e di soggiorno e devono comunicare l’esito della verifica.

L’iter per il riconoscimento del sussidio ha dunque una durata media di 15-20 giorni; le domande per il reddito e per la pensione di cittadinanza possono essere inviate ogni mese.

Modello Rdc Pdc Com Ridotto

Se uno o più componenti del nucleo hanno avviato, prima della presentazione della domanda di sussidio, attività di lavoro subordinato, autonomo o d’impresa (anche in forma di partecipazione), e il reddito derivante dall’attività non è incluso nell’Isee sulla cui base si calcola il Rdc o la Pdc, il modello di domanda del reddito o della pensione di cittadinanza va integrato.

Per questo motivo, deve essere presentato, assieme al modello di domanda Rdc/ Pdc SR180, il modello RdC/Pdc Com Ridotto (SR182), che serve a  comunicare lo svolgimento di attività di lavoro subordinato, autonomo o d’impresa.

Per il 2019, il modulo deve essere presentato nel caso in cui il cui reddito non sia confluito nella dichiarazione Isee, in quanto questa è riferita ai redditi dell’anno 2017 e non considera gli eventuali redditi percepiti successivamente.

Come si comunicano le variazioni sul reddito di cittadinanza?

Se uno o più componenti del nucleo hanno avviato, dopo la presentazione della domanda di sussidio, attività di lavoro subordinato, autonomo o d’impresa (anche in forma di partecipazione), per comunicare gli eventi e le variazioni reddituali e patrimoniali che possono incidere sul diritto al reddito di cittadinanza si deve utilizzare il modello RdC PdC – Com Esteso (SR 181).

Nello specifico, questo modello deve essere presentato per comunicare:

  • lo svolgimento di attività di lavoro subordinato, autonomo o d’impresa avviate dopo aver presentato la domanda di Rdc/ Pdc;
  • alcune particolari variazioni del nucleo familiare, avvenute dopo la presentazione della domanda;
  • qualsiasi variazione del patrimonio immobiliare o di possesso di beni durevoli, intervenuta dopo rispetto alle variazioni eventualmente comunicate nella dichiarazione Isee, che comporti il venir meno dei requisiti.

Per compilare questo modulo il sussidio deve risultare già in corso di erogazione.

Il modello RdC/PdC – Com Esteso deve essere presentato entro 30 giorni dall’evento a pena di decadenza dal beneficio;  se il modello è presentato per l’avvio di un’ attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa individuale o di partecipazione durante la fruizione del sussidio, deve essere indicato il reddito presunto per l’anno.

Solo se l’attività lavorativa è autonoma o d’impresa, la comunicazione va rinnovata entro il 15 del mese successivo al trimestre di riferimento (ad esempio, entro il 15 aprile per il trimestre gennaio-marzo), indicando il reddito percepito nel trimestre.

Per il lavoro dipendente, il reddito presunto è calcolato moltiplicando lo stipendio mensile per il numero di mesi in cui si prevede di lavorare, e concorre alla determinazione dell’importo del Rdc nella misura dell’80%. Non devono essere dichiarati i redditi da tirocinio, da attività socialmente utili e da lavoro accessorio.

Per il lavoro autonomo o d’impresa, il reddito è determinato come differenza tra i ricavi o compensi percepiti e le spese sostenute per l’esercizio dell’attività, relativi al trimestre di riferimento; questo reddito concorre alla determinazione del sussidio a partire dalla terza mensilità successiva a quella di variazione (per le prime due mensilità l’importo resta invariato), e successivamente è aggiornato ogni trimestre solare, avendo a riferimento il trimestre precedente.

Quando l’attività lavorativa già comunicata continua nell’anno successivo, entro il mese di gennaio deve essere dichiarato il reddito annuo presunto.

Col modello SR181 bisogna anche comunicare:

  • lo stato detentivo o il ricovero in istituti di cura di lunga degenza o in altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra pubblica amministrazione, di uno o più componenti del nucleo familiare, successivamente alla presentazione della domanda di reddito o pensione di cittadinanza, o la cessazione di questo stato;
  • le dimissioni volontarie dal lavoro, ad eccezione di quelle per giusta causa, di uno o più componenti della famiglia;
  • ogni variazione del patrimonio immobiliare, mobiliare e dei beni durevoli intervenuta dopo il periodo considerato nella dichiarazione Isee in corso di validità, se comporta la perdita dei requisiti per la richiesta del reddito o della pensione di cittadinanza; queste variazioni vanno comunicate entro 15 giorni dal loro verificarsi.

Perdita del reddito di cittadinanza in caso di vincite, successioni e donazioni

Se a causa di una vincita, di un’eredità o di una donazione, uno dei componenti del nucleo riceve una cospicua somma o un bene significativo, come un immobile, un’auto, o una moto, l’intera famiglia può perdere il reddito di cittadinanza, se viene superata la soglia massima di patrimonio immobiliare o mobiliare.

In questi casi, si deve comunicare la variazione patrimoniale, o riguardante i beni durevoli, entro 15 giorni: se la comunicazione non viene effettuata, si va incontro alla perdita del reddito e della pensione di cittadinanza, oltre alle sanzioni penali previste.

Rinuncia al reddito di cittadinanza

Si può rinunciare al reddito di cittadinanza? la risposta è affermativa: l’Inps ha appena definito una procedura ufficiale che servirà a chi vuole dire addio al sussidio. Ma perché si dovrebbe rinunciare al beneficio? In molti, purtroppo, hanno diritto a percepire importi molto esigui, sino a 300 euro al mese, alcuni addirittura hanno diritto a soli 40 euro mensili. In cambio, però, sono tenuti ad effettuare numerosi adempimenti, come abbiamo potuto osservare, e rischiano condanne penali anche per la sola dimenticanza di denunciare le variazioni rilevanti ai fini del reddito.

Insomma, troppi oneri e troppi rischi, in cambio di poco. Ne abbiamo parlato in: Rinuncia al reddito di cittadinanza.

L’Inps, con un recente messaggio, ha fornito le istruzioni per gestire le richieste di rinuncia al Reddito di cittadinanza .

La rinuncia può essere effettuata dal richiedente titolare della Carta Rdc, che deve dichiarare che la domanda di rinuncia è presentata in nome e per conto del nucleo familiare. Per richiedere la rinuncia, si deve utilizzare il modulo SR183, che deve essere presentato alle strutture territoriali dell’Inps.

La rinuncia comporta la disattivazione della carta Rdc, con decorrenza dal momento della rinuncia stessa: eventuali importi residui ancora presenti nella carta non saranno più utilizzabili.

La rinuncia non comporta in alcun modo la riattivazione del Rei, nel caso in cui la famiglia ne fosse beneficiaria prima della richiesta di Reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza: 600mila nominativi controllati dalla finanza

L’Inps ha appena inviato alla Guardia di Finanza ben 600mila nominativi di beneficiari di Rdc, perché siano sottoposti a verifiche, finalizzate a individuare chi lavora in nero o in grigio (con compensi fuori busta) o chi, comunque, possiede redditi o patrimoni nascosti.

Chi richiede il Rdc senza averne diritto rischia sino a 6 anni di reclusione, la revoca immediata del sussidio e l’impossibilità di richiederlo per 10 anni. Chi invece perde il diritto al Rdc successivamente, senza dichiarare le variazioni di reddito e della situazione lavorativa con l’apposito modello, rischia sino a 3 anni di carcere, oltre alla revoca immediata del sussidio e all’impossibilità di richiederlo per 10 anni.

Secondo il viceministro Garavaglia, oltre il 70% delle domande di Rdc presenterebbe irregolarità. Per approfondire: Reddito di cittadinanza, controlli a tappeto della finanza.

Cambia l’Isee per il reddito di cittadinanza

Cambiano, con la conversione in legge del decreto Crescita, le regole sull’attestazione Isee, indispensabile per ottenere il reddito di cittadinanza. In particolare:

  • la validità dell’attestazione Isee 2019 (cioè della dichiarazione Isee presentata nel 2019) scadrà il 15 gennaio 2020;
  • la validità della dichiarazione Isee presentata nel 2020 scadrà il 31 dicembre 2020;
  • per le dichiarazioni Isee presentate negli anni successivi, l’attestazione sarà valida sino al 31 dicembre dell’anno di presentazione della dichiarazione;
  • si dovrà ancora attendere il debutto dell’Isee precompilato;
  • a breve ci si potrà avvalere del nuovo Isee corrente, che avrà una validità di 6 mesi e che potrà essere ottenuto non solo da chi perde il lavoro, ma anche da chi perde un sussidio, come il reddito di cittadinanza, o una pensione;
  • infine, si potrà chiedere di riferire l’attestazione Isee ai redditi dell’anno precedente, e non al secondo anno precedente.

Per saperne di più: Nuovo Isee, che cosa cambia.

Reddito di cittadinanza per chi ha appena perso il lavoro

Il reddito di cittadinanza, grazie al nuovo Isee corrente, potrà essere ottenuto anche dalle famiglie in cui uno dei componenti ha appena perso il lavoro, o un sussidio, o la cui situazione reddituale ha subito un decremento pari ad almeno il 25%: è quanto previsto dal decreto Crescita, recentemente convertito in legge.

In questo modo, la situazione del nucleo familiare fotografata nell’Isee sarà quanto più vicina a quella reale ed attuale.

Per saperne di più: Nuovo Isee corrente

Reddito di cittadinanza: nuovi chiarimenti dall’Inps

Possibilità, per i nuclei familiari con un reddito al di sopra della soglia per il diritto al sussidio, di ottenere comunque il reddito o la pensione di cittadinanza, se risulta l’affitto o il mutuo a carico.

Nessuna preclusione del reddito di cittadinanza per i nuclei familiari dei lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni, più elasticità per gli stranieri extracomunitari che non riescono a procurare dal Paese di origine i documenti richiesti per il sussidio. E ancora: come aver diritto al Rdc in caso di separazione e divorzio, che cosa fare se si ricevono dei soldi o si trova un nuovo lavoro, chi è esonerato dagli obblighi in materia di lavoro. Tutto questo, è illustrato nella nuova circolare dell’Inps sul reddito e sulla pensione di cittadinanza [3], che contiene numerose e importantissime delucidazioni. Per saperne di più: Reddito di cittadinanza, tutti i chiarimenti dell’Inps.


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