
In quali casi il contratto a tempo determinato può essere prorogato oltre i 24 mesi o i 36 mesi: prosecuzione di fatto, stipula di un nuovo contratto.
Sei stato assunto con un contratto a tempo determinato e vuoi sapere quando finalmente potrai essere confermato a tempo indeterminato, senza scadenza? Devi sapere che i contratti a termine non ancora assoggettati alla disciplina del nuovo decreto Dignità possono avere una durata massima di 36 mesi, cioè di tre anni. I nuovi contratti a termine, secondo le previsioni del decreto Dignità, possono invece avere una durata massima di 12 mesi quando sono privi di causale, mentre la durata è elevata a 24 mesi quando è prevista una causale valida. Questo vuol dire che superato il limite massimo si è confermati a tempo indeterminato? Non sempre, purtroppo. Innanzitutto, è possibile una proroga di fatto del rapporto per un massimo di 30 o di 50 giorni. Inoltre, è possibile superare la durata massima del rapporto a termine stipulando un apposito accordo in sede protetta, oppure nei casi in cui questo sia consentito dal contratto collettivo applicato. Devi poi sapere che può essere anche stipulato un nuovo contratto a termine tra le stesse parti, con mansioni non equivalenti ed un differente livello di appartenenza. Ma procediamo per ordine e facciamo il punto sul contratto a termine, proroga oltre il limite massimo: in quali casi è possibile superare le soglie di durata del contratto, quando si ha diritto al tempo indeterminato.
Quanto può durare al massimo il contratto a termine?
Per i contratti di lavoro non assoggettati alla disciplina del decreto Dignità, cioè quelli stipulati entro il 13 luglio 2018, la durata di un rapporto a termine può arrivare sino a 36 mesi, con un massimo di cinque proroghe. Le proroghe scendono a quattro per i contratti assoggettati alla nuova normativa del decreto Dignità, e la durata massima si abbassa a 24 mesi.
Inoltre, se il contratto è privo di una causale valida, la durata non può eccedere i 12 mesi. In caso contrario, il rapporto diventa a tempo indeterminato.
Le causali attualmente valide per il contratto a termine, cioè le motivazioni che giustificano il ricorso al tempo determinato, sono:
- ragioni temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro;
- ragioni sostitutive;
- ragioni connesse ad incrementi temporanee, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Prosecuzione del contratto a termine dopo la scadenza
Una volta trascorso il periodo di durata massima complessiva del rapporto a termine, pari a 24 mesi (o pari a 36 mesi, per i rapporti non assoggettati al decreto Dignità), il lavoro può proseguire di fatto per:
- un massimo di 30 giorni, se la durata del contratto è inferiore ai sei mesi;
- un massimo di 50 giorni, se la durata del contratto è superiore ai sei mesi.
La proroga di fatto comporta però, a favore del lavoratore, il pagamento di una maggiorazione dello stipendio per ogni giorno in cui il rapporto continua: la maggiorazione è pari al 20%, fino al decimo giorno successivo, ed al 40% per ciascuna giornata ulteriore.
Se il rapporto di lavoro supera il periodo di prosecuzione di fatto, il contratto è trasformato in tempo indeterminato, a partire dalla 31ª o dalla 51ª giornata di prosecuzione.
Quando può essere superata la durata massima del contratto a termine?
Ferma restando la prosecuzione di fatto, la durata massima del rapporto a termine può essere superata in ulteriori ipotesi: in particolare, è possibile stipulare un nuovo contratto a termine, tra lo stesso dipendente e lo stesso datore di lavoro, presso una sede protetta, ossia presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente, con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. La durata del nuovo contratto non può superare i 12 mesi: in caso contrario, il rapporto è trasformato a tempo indeterminato.
I contratti collettivi possono comunque prevedere ulteriori deroghe che consentono di superare la durata massima del contratto a termine.
Si può stipulare un nuovo contratto a termine oltre la durata massima?
Escludendo il caso della stipula di un nuovo contratto presso una sede protetta e le ulteriori previsioni dei contratti collettivi, tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore è possibile stipulare dei nuovi contratti a termine, anche superato il termine di durata massima del rapporto.
Le mansioni oggetto del nuovo contratto, però, non devono essere equivalenti a quelle già svolte nei precedenti rapporti lavorativi tra le stesse parti; ma che cosa si intende per mansioni equivalenti?
Secondo la giurisprudenza, l’equivalenza delle mansioni deve essere valutata in concreto, tenendo conto non solo della posizione del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa, ma anche delle sue competenze e delle esperienze, cioè del suo bagaglio professionale.
In parole semplici, si verifica l’equivalenza quando le mansioni, anche se diverse, si trovano in linea con le capacità professionali e le attitudini acquisite dal dipendente nel corso della propria esperienza lavorativa.
Se il nuovo contratto stipulato, con mansioni differenti ma equivalenti, va oltre i limiti di durata massima complessivi del rapporto, avviene la trasformazione a tempo indeterminato.