In quali casi il dipendente può rassegnare le dimissioni senza fornire un periodo di preavviso al datore di lavoro?
Nel contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sia il dipendente che il datore di lavoro possono recedere dal rapporto, fornendo un periodo minimo di preavviso, secondo i termini e le modalità stabilite dalla legge e dalla contrattazione collettiva applicata.
In mancanza di preavviso, chi recede dal contratto di lavoro è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata se avesse lavorato. Ma l’indennità per mancato preavviso è utile alla disoccupazione e alla pensione?
A ricordare la disciplina previdenziale del mancato preavviso è stata la Cassazione, con una nuova sentenza [1]: la Suprema Corte, in particolare, si è pronunciata sull’utilità dei periodi sulla cui base è determinata l’indennità sostitutiva del preavviso ed ha chiarito se, ai fini dell’accredito o meno dei contributi previdenziali, debba essere considerato il carattere obbligatorio e non reale del preavviso non lavorato.
Per quanto riguarda i contributi utili al conseguimento dell’indennità di disoccupazione Naspi, il requisito previsto [2] è pari a 13 settimane nei 48 mesi che precedono la domanda di sussidio: le settimane di contribuzione che possono essere considerate utili alla Naspi non devono già aver dato luogo ad un precedente trattamento di disoccupazione.
Risultano ovviamente molto più severi i requisiti contributivi per la pensione: sono ormai rarissimi i casi in cui possono bastare 15 anni di contributi, in quanto la pensione di vecchiaia ordinaria [3] ne richiede normalmente almeno 20. Ancora più severi i requisiti per la pensione anticipata ordinaria, per la quale sono necessari almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Solo la pensione di vecchiaia contributiva, l’assegno ordinario di invalidità e la pensione ordinaria di inabilità al lavoro richiedono 5 anni di contributi, ma contemporaneamente devono essere soddisfatte specifiche condizioni.
Procediamo per ordine e osserviamo se e come il mancato preavviso è utile alla disoccupazione e alla pensione.
Quanto dura il preavviso?
Nelle ipotesi in cui il preavviso è dovuto, sia per licenziamento che per dimissioni, qual è la sua durata? Nella generalità dei casi, sono i contratti collettivi a disciplinare la durata del preavviso, sulla base della categoria del lavoratore (operaio, impiegato…), del livello di inquadramento, dell’anzianità e di eventuali ulteriori parametri. La durata del preavviso per dimissioni può essere differente dalla durata del preavviso per licenziamento.
La cosiddetta legge sull’impiego privato [4], che può applicarsi in riferimento agli impiegati, in mancanza di disciplina contrattuale, prevede una durata variabile del preavviso a seconda dell’anzianità di servizio e del livello del dipendente.
Come si calcola l’indennità per mancato preavviso?
L’indennità per mancato preavviso deve essere calcolata basandosi sulla retribuzione in atto al momento in cui si verifica il recesso dal contratto di lavoro. In particolare, bisogna considerare, oltre alla retribuzione globale, i seguenti emolumenti, se previsti contrattualmente:
- i ratei di tredicesima e quattordicesima;
- le provvigioni, i premi produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti;
- le indennità di mensa e alloggio;
- ogni altro compenso di carattere continuativo, fatta eccezione per i rimborsi spese.
Qualora intervengano degli aumenti della retribuzione stabiliti dal contratto collettivo nazionale nel corso del periodo di preavviso, gli incrementi devono essere considerati anche se il preavviso non è lavorato.
Le ferie, invece, non vanno considerate, in quanto durante il periodo di preavviso il dipendente non ha diritto a godere delle ferie.
Per un calcolo esatto dell’indennità per mancato preavviso, bisogna comunque riferirsi alla contrattazione collettiva applicata.
Sull’indennità per mancato preavviso si pagano i contributi previdenziali?
L’indennità sostitutiva del preavviso, erogata in occasione della cessazione del rapporto di lavoro [5], rientra tra i redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi: di conseguenza, è assoggettata interamente alla contribuzione previdenziale.
In parole semplici, sull’indennità sostitutiva del preavviso si pagano i contributi: l’indennità costituisce infatti un elemento della retribuzione imponibile secondo la legge [6] e non è indicata tra le eccezioni, cioè tra i redditi esenti da contribuzione, che devono essere tassativamente elencati [7].
Anche qualora il rapporto di lavoro cessi per morte del lavoratore, non cambia la sua natura di retribuzione [8], quindi l’indennità deve essere sottoposta a contribuzione previdenziale e assistenziale.
L’indennità sostitutiva del preavviso è utile alla disoccupazione e alla pensione?
Come osservato, l’indennità per mancato preavviso è assoggettata a contribuzione previdenziale, che concorre a formare la base pensionabile: è dunque utile sia al diritto che alla misura della pensione.
Quanto osservato vale, a maggior ragione, in relazione all’indennità di disoccupazione: in sostanza, considerando che l’indennità sostitutiva del preavviso è utile al diritto e al calcolo della pensione, il tempo coperto dal preavviso deve essere considerato utile anche ai fini del raggiungimento del periodo minimo di lavoro necessario per beneficiare del trattamento di disoccupazione [1].
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