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Pensione di reversibilità ai superstiti

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Superstiti del pensionato: a chi spetta la pensione, a quanto ammonta, quando si riduce, quando si perde.

La reversibilità è la pensione alla quale hanno diritto alcuni familiari superstiti del pensionato, individuati dalla legge [1]. I familiari devono risultare a carico del pensionato al momento del decesso: la vivenza a carico è presunta per il coniuge e i figli minori, mentre è subordinata alla prova per gli altri familiari.

Possono aver diritto alla pensione anche i superstiti del lavoratore assicurato non ancora pensionato: in questo caso, però, la prestazione economica alla quale hanno diritto è la pensione indiretta, non di reversibilità, e devono essere soddisfatti particolari requisiti contributivi.

La pensione di reversibilità ai superstiti spetta anche se il pensionato dante causa era titolare di pensione d’inabilità al lavoro, mentre non spetta in relazione all’assegno ordinario d’invalidità, che è irreversibile. Oltre alle gestioni previdenziali amministrate dall’Inps, anche le gestioni di categoria dei liberi professionisti prevedono l’erogazione della pensione di reversibilità in capo agli iscritti, ma alcune regole si differenziano in base al regolamento di previdenza dell’ente considerato.

La pensione di reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del pensionato, indipendentemente dalla data di presentazione della domanda.

Il trattamento al quale hanno diritto i familiari superstiti, ad ogni modo, non corrisponde al 100% della pensione alla quale aveva diritto il dante causa, ma ad una sua percentuale, che cambia in relazione al grado di parentela ed ai familiari aventi diritto nel caso di specie.

Inoltre, la pensione può essere ridotta, se i redditi del familiare beneficiario superano determinate soglie limite. Ma procediamo con ordine.

Chi ha diritto alla pensione di reversibilità?

Il trattamento di reversibilità spetta:

  • al coniuge: per il vedovo o la vedova del pensionato o del lavoratore assicurato deceduto, il diritto alla pensione è automatico;
  • al coniuge separato: secondo un primo orientamento [2], occorre che sussista a favore del coniuge superstite il diritto all’assegno di mantenimento o all’assegno alimentare a carico del coniuge deceduto; secondo un diverso orientamento, il diritto alla pensione sussiste a prescindere dall’obbligo di versare l’assegno di mantenimento o alimentare [3];
  • al coniuge divorziato, se l’inizio del rapporto assicurativo dell’assicurato o del pensionato è anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio; il coniuge divorziato superstite deve inoltre essere titolare dell’assegno divorzile in forza di una sentenza dal tribunale [4] e non deve essersi risposato;
  • figli minori ed equiparati; si considerano equiparati i figli:
    • adottivi e affiliati;
    • riconosciuti o giudizialmente dichiarati dal deceduto o dal coniuge del deceduto;
    • non riconoscibili dal deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza, o che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio;
    • nati dal precedente matrimonio del coniuge del deceduto;
    • minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norme di legge;
    • postumi, nati entro il trecentesimo giorno dalla data di decesso del padre;
  • figli maggiorenni inabili al lavoro e viventi a carico al momento del decesso;
  • figli studenti sino a 21 anni, sino a 26 anni se studenti universitari;
  • genitori: i genitori hanno diritto alla pensione solo se il coniuge o i figli mancano, o non rientrano tra gli aventi diritto; devono inoltre aver compiuto 65 anni di età, essere a carico del dante causa deceduto; non devono essere titolari di pensione diretta o ai superstiti; chi è titolare di pensione in quanto superstite dell’altro coniuge non ha diritto alla pensione per il decesso del figlio;
  • fratelli celibi e sorelle nubili, viventi a carico ed inabili al lavoro al momento del decesso del pensionato, se mancano o non hanno diritto alla pensione il coniuge, i figli e i genitori

Reversibilità ai nipoti

La pensione di reversibilità ai nipoti, in base ai chiarimenti forniti dall’Inps in una nota circolare che fa seguito a un’importante sentenza della Corte costituzionale [6], spetta in due ipotesi:

  • se il nipote conviveva col nonno (o con la nonna) dante causa e risulta non autosufficiente economicamente;
  • se il nipote non conviveva, ma risulta verificato il mantenimento abituale da parte del nonno o della nonna dante causa.

In sostanza, quando il nipote risulta convivente col nonno o con la nonna dante causa, l’Inps, per riconoscere la pensione di reversibilità, normalmente limita le proprie verifiche alla sola condizione della non autosufficienza economica, senza accertare il mantenimento abituale (che invece deve essere sempre verificato quando il nipote non conviveva col defunto).

Il diritto alla pensione può sussistere anche se il beneficiario non è orfano: la presenza di uno o di entrambi i genitori, difatti, non ostacola il riconoscimento del diritto, purché sia accertata l’impossibilità, sia da parte del padre che da parte della madre, di provvedere al mantenimento del figlio.

Devono poi essere verificati, perché spetti la pensione, gli ulteriori requisiti validi per i figli aventi diritto.

A quanto ammonta la pensione di reversibilità?

La pensione non spetta in misura intera, ma ogni familiare beneficiario ha diritto a una percentuale del trattamento, che varia a seconda della tipologia dei superstiti e della composizione del nucleo familiare:

  • coniuge solo: 60%
  • coniuge ed un figlio: 80%
  • coniuge e due o più figli: 100%
  • un figlio: 70%
  • due figli: 80%
  • tre o più figli: 100%
  • un genitore: 15%
  • due genitori: 30%
  • un fratello o sorella: 15%
  • due fratelli e sorelle: 30%
  • tre fratelli e sorelle: 45%
  • quattro fratelli e sorelle: 60%
  • cinque fratelli e sorelle: 75%
  • sei fratelli e sorelle: 90%
  • sette o più fratelli e sorelle: 100%

Quando si riduce la pensione di reversibilità?

La pensione di reversibilità e la pensione indiretta possono essere ridotte se il beneficiario supera determinati limiti di reddito:

  • reddito superiore a 3 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld), calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al primo gennaio: in questo caso, la reversibilità è ridotta del 25%;
  • reddito superiore a 4 volte il trattamento minimo annuo Fpld: in questo caso, la reversibilità è ridotta del 40%;
  • reddito superiore a 5 volte il trattamento minimo annuo Fpld: in questo caso, la reversibilità è ridotta del 50%.

I limiti di cumulo tra reversibilità e redditi non devono essere applicati se chi percepisce la pensione fa parte di un nucleo familiare con figli minori, studenti o inabili. Inoltre, il trattamento proveniente dal cumulo dei redditi con la pensione ridotta non può essere inferiore a quello spettante, se il reddito risulta pari al limite massimo della fascia precedente a quella in cui si colloca il reddito posseduto.

Nessuna riduzione può essere operata ai trattamenti in essere alla data del 16 agosto 1995, ma l’importo resta bloccato senza adeguamento per futuri miglioramenti, fino al completo riassorbimento della differenza.

Quali redditi rilevano per la riduzione della reversibilità?

L’Inps, con una nota circolare [5], ha chiarito che i redditi rilevanti ai fini dei limiti di cumulo con la reversibilità sono tutti i redditi assoggettabili all’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche), al netto dei contributi previdenziali e assistenziali.

Devono invece essere esclusi:

  • il Tfr, i trattamenti assimilati e le relative anticipazioni;
  • il reddito della casa di abitazione;
  • gli arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • l’importo della reversibilità su cui deve essere eventualmente operata la riduzione.

Sono stati successivamente esclusi anche pensione e assegno sociale, rendite Inail, assegni di accompagnamento, pensioni privilegiate, pensioni e assegni per invalidi, ciechi e sordomuti.

Quando si perde la reversibilità?

Il diritto alla pensione di reversibilità termina:

  • per il coniuge, quando contrae nuovo matrimonio: in questo caso spetta però un assegno pari a due annualità della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilità, nella misura in pagamento alla data del nuovo matrimonio;
  • per i figli:
    • al compimento del 18° anno di età;
    • se studenti, in caso di interruzione o conclusione del corso di studi, di inizio di un’attività lavorativa oppure di raggiungimento del limite di età (21 o 26 anni); per la precisione, il diritto cessa al compimento del 26° anno di età e si sospende negli altri casi; i compensi derivanti dall’attività lavorativa, ad ogni modo, non devono superare specifiche soglie;
    • se inabili, al venir meno dello stato di inabilità;
  • per i genitori, se conseguono un’altra pensione;
  • per i fratelli e le sorelle, se conseguono un’altra pensione, si sposano o viene meno lo stato di inabilità.

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