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Il professionista imprenditore deve pagare doppi contributi?

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Attività professionale e d’impresa esercitate contemporaneamente: bisogna pagare la doppia contribuzione o i soli contributi sull’attività prevalente?

Sono un ingegnere iscritto a Inarcassa, ma sono anche commerciante: l’Inps vuole che paghi i contributi ma la mia attività prevalente è quella professionale.

Per quanto concerne la particolare situazione del professionista-imprenditore, vi sono delle peculiarità, rispetto a quanto previsto dalla norma [1] che stabilisce che chi esercita più attività di lavoro autonomo contemporaneamente debba pagare i contributi relativi alla sola attività prevalente.

La disposizione, difatti, prevede specificamente che, qualora un lavoratore eserciti contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, deve essere iscritto nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale dedica personalmente la propria opera professionale in misura prevalente. La norma stabilisce anche che spetta all’Inps decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente.

Attività prevalente: niente contributi doppi per le sole attività d’impresa

L’Inps, in sede di interpretazione e concreta applicazione di tale norma, come confermato con una recente circolare [2], ha ritenuto, sin dall’entrata in vigore della legge menzionata, che, per attività autonome, soggette a comparazione in termini di prevalenza, devono intendersi solo quelle che abbiano natura imprenditoriale, cioè le  attività economiche organizzate ed esercitate professionalmente dall’imprenditore, al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi e soggette a registrazione.

In pratica, l’interessato può essere iscritto alla gestione prevalente solo se le due, o più, attività, sono d’impresa. Certo è che il termine utilizzato dalla norma e in diverse circostanze ripreso dall’Inps, “lavoratore autonomo”, trae in inganno, in quanto, nel linguaggio comune, per lavoratore autonomo si intende il libero professionista. Invece, l’Inps, per lavoratore autonomo, intende l’imprenditore: a riprova del fatto, chiama le gestioni artigiani, commercianti e coltivatori come gestioni dei lavoratori autonomi.

Di conseguenza, non si può applicare il criterio della prevalenza alle attività autonome svolte in forma non imprenditoriale, ossia alle attività professionali,  che rientrano nell’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps: in pratica, chi è sia libero professionista che imprenditore deve pagare i contributi ad entrambe le gestioni.

Sull’argomento, dato che sono sorti degli orientamenti giurisprudenziali contrastanti, è intervenuto un noto decreto del 2010 [3], che ha introdotto una norma di interpretazione autentica, la quale chiarisce che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali dunque devono essere iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’Inps. Restano, invece, esclusi dall’applicazione della gestione prevalente i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla Gestione Separata.

La regola per cui ci si deve iscrivere presso la sola gestione relativa all’attività prevalente è dunque rimasta in vigore, ma riguarda solo gli iscritti alla gestione Inps dei lavoratori autonomi, ossia artigiani, commercianti e coltivatori diretti: ad esempio, si può iscrivere alla gestione prevalente il commerciante che svolge anche attività di artigiano, o il coltivatore diretto che vende i prodotti agricoli, etc. [4].

Professionista e imprenditore: contributi doppi

Nel caso dell’ingegnere-imprenditore, però, abbiamo attività professionale e attività imprenditoriale esercitate contemporaneamente: quindi, non trattandosi di due attività imprenditoriali, vanno pagati i contributi sia per l’attività libero professionale che per quella di lavoro autonomo-imprenditoriale. Questo, poi, a prescindere dal fatto che per l’attività in qualità di libero professionista l’interessato sia iscritto alla Gestione Separata o a una diversa cassa: lo ha chiarito una recente sentenza della Corte di Cassazione [5].

Ingegnere e imprenditore: contributi

Peraltro, la questione dell’ingenere-imprenditore è ancora più complessa, perché, secondo il regolamento Inarcassa, non deve versare contribuzione chi è iscritto a una forma di previdenza obbligatoria diversa, in quanto l’iscrizione a Inarcassa è incompatibile con qualsiasi forma di previdenza obbligatoria.

Più precisamente, come chiarito dall’ente stesso, in questi casi il professionista versa ad Inarcassa il 4% del volume d’affari professionale (contributo integrativo) in via solidaristica, ossia senza ricavarne in futuro alcunché, in quanto non si tratta di contributi accantonabili per la pensione, mentre, per i redditi che derivano dalla libera professione, l’architetto o l’ingegnere è assoggettato alla Gestione Separata.

L’orientamento è stato confermato anche dall’Inps [6], con una circolare nella quale l’istituto illustra i casi in cui un ingegnere o un architetto devono iscriversi alla Gestione Separata.

In buona sostanza, nel caso esposto, l’ingegnere avrebbe dovuto:

  • versare a Inarcassa il solo contributo integrativo;
  • iscriversi alla Gestione Separata e versare alla gestione stessa i contributi sul reddito professionale fatturato;
  • pagare la contribuzione dovuta all’Inps per l’attività d’impresa.

Professionista e amministratore

L’unica possibilità di evitare la contribuzione alla Gestione separata dipende dall’attività realmente esercitata dal professionista nell’ambito dell’impresa. Secondo una nota sentenza della Cassazione [7], difatti, se l’attività è esercitata solo in qualità di amministratore, non c’è obbligo di doppia contribuzione, ma basta la sola iscrizione alla Gestione separata. L’attività propria dell’amministratore, infatti, è un’attività puramente professionale e consiste nel porre in essere le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, distinta dall’attività di lavoro all’interno del ciclo produttivo dell’impresa.

L’obbligo di versare la doppia contribuzione sussiste, invece, per l’amministratore che sia, contemporaneamente, socio lavoratore in un’impresa: in questo caso, difatti, vi è una coesistenza di attività riconducibili, rispettivamente, all’amministrazione societaria e al commercio.

Per valutare l’esistenza di apporto personale dell’amministratore all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza  nel ciclo produttivo, possono essere considerati elementi come la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti o di collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni. La prova dell’obbligo di versamento a carico di due gestioni, secondo la sentenza citata, è a carico dell’ente previdenziale.

Attività connessa all’attività professionale

Se, poi, il lavoro svolto nell’impresa, nel concreto, consiste esclusivamente in un’attività avente  un nesso con l’attività professionale strettamente intesa, in quanto richiede le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell’esercizio della professione, allora i redditi che ne derivano sono soggetti alla contribuzione alla cassa previdenziale di categoria.

In parole semplici, se per svolgere la seconda attività sono necessarie specifiche conoscenze tecniche e competenze tipiche della particolare categoria professionale (nel nostro caso della professione di architetto), l’interessato non si deve iscrivere alla Gestione separata, ma a Inarcassa (o alla diversa cassa professionale), alla quale deve versare il contributo integrativo, quello soggettivo e il contributo per la maternità, come avviene per tutti gli associati.

Questo è quanto sostiene la Cassazione, con una nota sentenza [8]: è importante osservare, però, che il caso di specie riguardava un amministratore non socio dell’impresa, e che vi sono pronunce contrarie della stessa Cassazione [9]. Peraltro, l’Inps non ha mai recepito ufficialmente la citata sentenza [8].

Riassumendo quanto esposto, la corretta soluzione dipende dalla seconda attività concretamente esercitata dal professionista:

  • se si tratta di attività d’impresa, alla quale è dato un apporto personale nel ciclo produttivo, vale quanto inizialmente prospettato:
    • obbligo di versamento a Inarcassa del solo contributo integrativo;
    • obbligo d’iscrizione alla Gestione separata e di versamento alla gestione stessa dei contributi sul reddito professionale fatturato;
    • obbligo di pagare la contribuzione dovuta all’Inps per l’attività d’impresa;
  • se si tratta di attività meramente amministrativa, vale la seconda situazione prospettata, con l’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata, ma nessun obbligo d’iscrizione a Inps commercianti;
  • se, infine, si tratta di un’attività che ha un nesso con la professione esercitata, come quella, ad esempio, degli amministratori e dei componenti dei consigli di amministrazione, di società che svolgono attività di natura tecnica o tecnologica connesse con la specifica professione (ad esempio di una società di progettazione, o dei settori trasporti, edilizia, energia), secondo la Cassazione [8] sarebbe sufficiente la sola iscrizione a Inarcassa; la sentenza della Cassazione, però, non si esprime in modo esplicito sulla casistica del socio amministratore.

Deve dunque essere effettuata un’attenta analisi del caso di specie, vagliando, nel concreto, le attività esercitate ed i ruoli interni all’organizzazione imprenditoriale.


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