
Trattamento di fine rapporto: che cos’è, come si calcola, a quanto ammonta la tassazione, come viene liquidato.
Il Tfr (trattamento di fine rapporto), meglio conosciuto come liquidazione, è, tecnicamente, una retribuzione differita, che viene accantonata ogni anno dall’azienda e che normalmente deve essere erogata al dipendente alla cessazione del rapporto. Non è dunque un’indennità a cui si ha diritto solo in caso di licenziamento, ma fa parte della retribuzione spettante al lavoratore.
Ci sono dei casi in cui il contratto collettivo prevede la possibilità di liquidare il Tfr periodicamente; inoltre, il Tfr può essere liquidato prima del termine del rapporto di lavoro: l’anticipazione però non può essere superiore al 70% della quota di liquidazione maturata e può essere domandata solo per particolari motivi (spese sanitarie, acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, fruizione dei congedi parentali, di formazione e di formazione continua [1]), se sono rispettate precise condizioni.
Ma come si calcola il Tfr? I criteri di calcolo sono in comune per tutti i lavoratori dipendenti ma, a seconda del contratto collettivo applicato, può cambiare la base di calcolo. In generale, fanno parte della base di calcolo per il Tfr tutti i compensi collegati al rapporto di lavoro, se corrisposti in modo ricorrente, non provvisoriamente oppure occasionalmente.
Inoltre, è molto importante tener conto della maturazione dei ratei di Tfr e delle rivalutazioni del capitale accantonato. Facciamo allora il punto della situazione.
Calcolo del Tfr
Per determinarne l’ammontare del Tfr bisogna effettuare le seguenti operazioni:
- dividere il totale di quanto erogato al dipendente durante l’anno per 13,5 (alcuni emolumenti sono esclusi dal calcolo, come i rimborsi spese);
- sottrarre una quota pari allo 0,5% dell’imponibile, che serve per alimentare il fondo di garanzia dell’Inps (che assicura il pagamento della liquidazione, anche quando l’impresa fallisce).
Semplificando, ogni anno, il datore di lavoro deve mettere da parte il 6,91% degli emolumenti imponibili percepiti dal lavoratore e versare all’Inps lo 0,5% (se sommiamo 6,91% con 0,5% otteniamo, appunto, il 7,41%, che è la percentuale corrispondente alla divisione per 13,5; bisogna però tener presente che non sempre l’imponibile inps coincide con l’imponibile ai fini Tfr).
Voci utili al calcolo Tfr
A questo proposito, bisogna tener presente quali sono gli elementi della retribuzione del lavoratore che si devono prendere come base per il calcolo.
Secondo quanto stabilito dal codice civile [2], la base di calcolo del Tfr comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte al lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
In buona sostanza, fanno parte della base di calcolo per il Tfr tutte le voci di paga:
- corrisposte a titolo di compenso per una prestazione resa da parte del lavoratore (vanno dunque escluse, ad esempio, le donazioni), o comunque collegate al rapporto di lavoro, anche se non effettivamente connesse alla prestazione lavorativa effettiva;
- corrisposte abitualmente, o almeno in modo ricorrente;
- corrisposte a titolo definitivo e non provvisorio;
- corrisposte non occasionalmente.
Di seguito, un elenco delle principali voci di paga facenti parte dell’imponibile Tfr:
- paga base, contingenza, terzo elemento contrattuale, scatti di anzianità, superminimo individuale;
- tredicesima e quattordicesima (in generale, tutte le mensilità aggiuntive);
- lavoro straordinario non occasionale: se il lavoro straordinario è occasionale e non continuativo non può far parte della base imponibile Tfr;
- maggiorazione per lavoro notturno, se il lavoro è articolato su turni, quindi il lavoro notturno non è occasionale;
- indennità di mensa, di funzione, di mansione, di alloggio, di cassa o maneggio denaro, indennità di trasporto, attrezzi, indennità di servizio estero, indennità per lavori disagiati; premi di fedeltà, premio annuo, premio di anzianità, premio finale, in alcuni casi l’una tantum; le indennità una tantum corrisposte occasionalmente, non previste dal contratto collettivo o dai rinnovi, non entrano a far parte della base di calcolo;
festività infrasettimanali retribuite, festività cadenti di domenica, ex festività 4 novembre spostata alla domenica; - indennità sostitutiva del preavviso e delle ferie non godute (se il mancato godimento delle ferie non dipende dal datore di lavoro; nel caso in cui l’indennità abbia carattere risarcitorio non entra nella base imponibile); risarcimento del danno in caso di reintegra nel posto di lavoro per licenziamento illegittimo;
- uso dell’auto aziendale e relative spese;
- uso dell’alloggio aziendale.Non fanno parte della base imponibile del Tfr, invece, le indennità di trasferta, di viaggio e i rimborsi spese. I contratti collettivi possono comunque includere o escludere ulteriori voci.
Maturazione del Tfr
In ogni annualità si maturano 12 ratei di Tfr, uno per ogni mese: se le frazioni di mese superano i 15 giorni, dev’essere computato un rateo intero, se sono inferiori, non viene maturato alcun rateo.
Durante le assenze solitamente il Tfr matura normalmente: non matura durante determinate assenze non retribuite, come l’aspettativa e lo sciopero.
Se la prestazione di lavoro è sospesa per infortunio, malattia o maternità, oppure in caso d’integrazione salariale, deve essere considerato nell’imponibile Tfr l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Rivalutazione del Tfr
A partire dall’anno 2001, le somme accantonate a titolo di Tfr sono rivalutate, anno per anno, per un ammontare pari:
- all’1,5%;
- più i tre quarti del tasso di inflazione.
Per esempio, se l’inflazione è al 2%, i suoi ¾ sono l’1,5%, pertanto il trattamento viene rivalutato del 3%, pari a 1,5% più 1,5%.
Il datore di lavoro deve dunque rivalutare quanto accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente e dedurre l’imposta sostitutiva sulle rivalutazioni (che versa, in acconto e a saldo, tramite F24, con i codici 1712 e 1713), pari ora al 17%.
Tassazione del Tfr
Il Tfr, escluso il caso in cui sia erogato mese per mese in busta paga, non è soggetto a contribuzione Inps, ma è soggetto a tassazione separata, sulla base di un reddito e di un’aliquota media d’imposta; tale procedura risulta maggiormente vantaggiosa, poiché la liquidazione, essendo sottoposta separatamente a tassazione, non entra a far parte dell’imponibile Irpef dell’anno.
Il datore di lavoro determina l’imposta sul Tfr sommando:
- il Tfr maturato al 31 dicembre 2000;
- con il Tfr maturato dal 2001 in poi al netto delle rivalutazioni (già assoggettate ad imposta).
Deve poi moltiplicare tale importo per 12 e dividerlo per il numero di anni di maturazione del trattamento.
Oppure può moltiplicare l’importo per 144 e dividerlo per il numero di mesi di maturazione.
Si ottiene così il reddito di riferimento.
Sul reddito di riferimento deve poi essere applicata la tassazione Irpef per aliquote e scaglioni, per trovare l’aliquota media.
L’aliquota media deve poi essere applicata al Tfr maturato per determinare l’imposta sostitutiva da applicare alla liquidazione. Le stesse regole valgono anche quando il Tfr non è erogato a titolo di saldo ma è richiesta un’anticipazione.
Ai rapporti di lavoro iniziati prima del 31 dicembre 2006 si applica la cosiddetta clausola di salvaguardia [3]: in sostanza, sono applicate al Tfr, se più favorevoli, le aliquote di tassazione per scaglioni vigenti fino al 2006.
Riliquidazione del Tfr da parte dell’Agenzia delle Entrate
Il trattamento di fine rapporto, secondo il Testo Unico delle Imposte sui Redditi [4], è soggetto a una riliquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nonostante sia effettuata una prima liquidazione dell’imposta da parte del datore di lavoro, infatti, l’Agenzia riapplica la tassazione sulla somma erogata: in particolare, la riliquidazione si basa su un’aliquota media determinata dal rapporto tra la somma delle imposte calcolate sul reddito complessivo del contribuente, per ciascuno dei cinque anni precedenti all’erogazione del Tfr, e la somma dei redditi stessi.
La differenza nel calcolo effettuato dal datore consiste nel fatto che quest’ultimo non tiene conto del reddito complessivo, ma calcola l’aliquota media, come abbiamo visto, basandosi su un imponibile annuo di riferimento determinato sul Tfr e sul periodo della sua maturazione.
Destinazione del Tfr
Il Tfr non è sempre accantonato dal datore di lavoro. La destinazione del Tfr, difatti, è decisa dal dipendente. In particolare questi può optare:
- per l’accantonamento del Tfr in azienda, quando l’impresa ha un organico sotto le 50 unità (se è sopra le 50 unità il Tfr è obbligatoriamente devoluto al Fondo di Tesoreria dell’Inps);
- per il versamento della liquidazione ad un fondo di previdenza complementare (con rendimenti differenti, a seconda del fondo pensionistico scelto); in questo caso il trattamento serve per integrare la futura pensione;
- per la sua percezione in busta paga, in quote mensili.
Tfr al fondo pensione
Se un lavoratore opta per la devoluzione del TFr ad un fondo pensione, perde la possibilità di essere liquidato alla cessazione del contratto e destina quanto accantonato ad integrare la futura pensione. Vi sono comunque delle ipotesi in cui il Tfr può essere riscattato o si possono chiedere anticipazioni:
- in caso di cessazione dell’attività di lavoro, con conseguente disoccupazione per un periodo minimo di 12 mesi, e massimo di 48;
- in seguito a procedure di mobilità;
- nell’ipotesi di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria (Cig o Cigs), se a zero ore, e della durata di almeno 12 mesi;
- effettuazione di spese sanitarie, a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli, per terapie ed interventi straordinari;
- acquisto o ristrutturazione della prima casa di abitazione, per sé o per i figli;
- ulteriori esigenze dell’iscritto: è possibile richiedere l’anticipo dopo otto anni di adesione, e fino al 30% di quanto maturato.