
Il lavoratore che viene risarcito o reintegrato per licenziamento illegittimo perde l’indennità di disoccupazione?
La Naspi, l’indennità di disoccupazione riconosciuta alla generalità dei lavoratori dipendenti, spetta se, oltre ai requisiti contributivi e lavorativi (13 settimane retribuite negli ultimi 4 anni, 30 giornate di lavoro nell’anno), l’interessato possiede anche lo stato di disoccupazione.
Lo stato di disoccupazione si acquista con la perdita involontaria dell’impiego, quindi in seguito al licenziamento, alla scadenza del contratto a termine, alle dimissioni per giusta causa o tutelate e, in alcuni casi, alla risoluzione consensuale (per particolari ipotesi di trasferimento o di conciliazione a seguito di licenziamento). Lo stato di disoccupazione non si perde se l’interessato si rioccupa con rapporto di lavoro subordinato di durata fino a 6 mesi (in questo caso, lo stato di disoccupazione è sospeso), se il lavoro svolto, subordinato o parasubordinato, produce un reddito inferiore ad 8.145 euro lordi all’anno, o un reddito inferiore a 4800 euro lordi all’anno, se autonomo.
Ma che cosa succede se il lavoratore, avente diritto alla disoccupazione perché licenziato, viene risarcito o reintegrato nel posto di lavoro per licenziamento illegittimo?
In altre parole, in caso di risarcimento per licenziamento posso avere anche la Naspi?
Il risarcimento dei danni a seguito di licenziamento illegittimo non sempre dà luogo alla perdita retroattiva dell’indennità di disoccupazione: la non spettanza della Naspi dipende dalla tipologia di risarcimento della quale il lavoratore beneficia in concreto.
Facciamo allora il punto della situazione su risarcimento per licenziamento illegittimo e diritto alla Naspi, considerando l’ulteriore problematica che si può porre in questi casi: il risarcimento dovuto dal datore di lavoro a seguito del licenziamento illegittimo può essere decurtato dalla Naspi percepita dal lavoratore durante il periodo non lavorato?
Proviamo a fare chiarezza.
Risarcimento danni non patrimoniali per licenziamento e diritto alla Naspi
Se il lavoratore avente diritto alla Naspi, a seguito di una transazione con l’ex datore di lavoro, ottiene solo danni non patrimoniali, non è tenuto a restituire la disoccupazione percepita all’Inps: lo ha stabilito la Cassazione, con una recente sentenza [1].
In particolare, perché non sorga l’obbligo alla restituzione della Naspi, rileva solo il fatto che il dipendente non risulti reintegrato né retribuito nel periodo in contestazione. In altre parole, l’eventuale transazione sulla cui base il lavoratore incassi una somma a titolo di danno non patrimoniale non comporta l’obbligo di restituire all’Inps l’indennità percepita per la mancanza di un lavoro.
Lo stato di disoccupazione ed il conseguente diritto all’indennità, infatti, sorgono in base alla risoluzione involontaria del rapporto di lavoro, e non in base alla strenua opposizione all’atto che risolve il rapporto.
Risarcimento danni per il lavoratore avente diritto alla Naspi
Per quanto riguarda, invece, la quantificazione del risarcimento a favore del dipendente licenziato illegittimamente ed avente diritto alla Naspi, ci si chiede se l’ammontare dell’indennità di disoccupazione possa essere decurtato dal risarcimento, diminuendolo d’importo.
Sul punto è intervenuta la Cassazione [2]: le somme percepite dal dipendente, a titolo di indennità di disoccupazione, non possono essere sottratte dal risarcimento dovuto dal datore. Questo, in quanto la Naspi non è assimilata al reddito derivante da un nuovo lavoro (che, peraltro, non sempre dà luogo a una diminuzione del risarcimento, se compatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento), ma è un’indennità con natura previdenziale. La spettanza della Naspi non determina un effettivo impiego della capacità lavorativa da parte del dipendente licenziato, al contrario della nuova attività lavorativa dalla quale derivi un reddito.
Considerando che la Naspi non è un’indennità lavorativa, il risarcimento del lavoratore beneficiario di Naspi non costituisce dunque un indebito arricchimento per il danneggiato, e l’indennità risarcitoria non può essere diminuita di conseguenza.
Vi può essere una decurtazione dell’indennità risarcitoria, invece, con riferimento ad altri benefici, come l’indennità di accompagnamento, la pensione di invalidità e la rendita vitalizia: in questo caso, però, si tratta di benefici a carattere definitivo e non temporaneo come l’indennità di disoccupazione.
Diritto alla Naspi per il lavoratore risarcito o reintegrato
Abbiamo osservato che il lavoratore avente diritto al risarcimento a seguito di licenziamento illegittimo ed alla Naspi non subisce la decurtazione dell’indennità risarcitoria. Ma vale anche il contrario? Se il lavoratore, a seguito di licenziamento illegittimo, ottiene un risarcimento del danno patrimoniale, può perdere il diritto alla Naspi?
La Naspi può essere decurtata o azzerata se l’interessato, durante il periodo di disoccupazione, viene risarcito (liquidazione del danno patrimoniale) per il licenziamento illegittimo o reintegrato nel posto di lavoro.
In particolare, in caso di riammissione in servizio del lavoratore con conservazione dei diritti acquisiti, e mantenimento dello status giuridico ed economico maturato, decade retroattivamente il presupposto per l’ottenimento della Naspi, cioè la perdita involontaria dell’impiego: l’Inps, in queste ipotesi, può dunque chiedere indietro al lavoratore tutte le somme percepite.