
Quali pensioni sono ridotte a partire da giugno 2019: pensioni alte, pensioni d’oro, ammontare delle penalizzazioni.
Chi possiede un trattamento pensionistico alto subisce, da giugno 2019, una pesante riduzione della pensione, che può arrivare addirittura al 40% se l’assegno mensile supera un determinato ammontare. In particolare, è interessato dalla nuova decurtazione delle pensioni d’oro, o meglio delle pensioni alte, chi percepisce un trattamento che supera i 5mila euro netti al mese: è quanto previsto dalla legge sul taglio pensioni d’oro, che prevede la riduzione dei trattamenti attraverso l’applicazione di specifiche percentuali, graduate a seconda dell’importo della prestazione.
Il taglio delle pensioni alte parte dal 15% sino ad arrivare al 40% del trattamento: la penalizzazione non è determinata dal ricalcolo contributivo della pensione, ma è applicata in percentuale sull’importo lordo della prestazione. In base al primo disegno di legge, la penalizzazione sarebbe dovuta corrispondere al rapporto tra il coefficiente collegato all’età per la pensione di vecchiaia e quello previsto per l’età del pensionamento. La proposta è stata, però, messa da parte.
In ogni caso, secondo quanto disposto dalla norma,da giugno sono tagliate le pensioni dirette (di anzianità, anticipate, di vecchiaia…) più alte, con almeno una quota calcolata col sistema retributivo; nessun taglio, invece, per le pensioni di reversibilità e invalidità, né per le vittime del terrorismo o del dovere, o per le pensioni calcolate interamente col contributivo.
La penalizzazione, che riguarda un’ampia, ma non enorme, platea di pensionati, comporterà un risparmio che servirà, in base a quanto annunciato, ad aumentare le pensioni minime, quindi a finanziare la pensione minima di cittadinanza da 780 euro al mese.
Ma procediamo per ordine e facciamo il punto sul nuovo taglio pensioni d’oro: chi subisce le penalizzazioni, come funziona il ricalcolo del trattamento.
Da giugno, tra l’altro, ad arrivare non è soltanto la decurtazione del trattamento, ma anche il conguaglio,in quanto le pensioni avrebbero dovuto essere decurtate a partire da gennaio 2019: il conguaglio, comunque, sarà “spalmato” nelle tre mensilità di giugno, luglio e agosto. Ne abbiamo parlato in: Doppio taglio della pensione.
Chi subisce il taglio della pensione?
In base a quanto previsto dalla legge, subisce il taglio della pensione chi possiede un trattamento pensionistico elevato, superiore, nel dettaglio, a 100mila euro lordi annui, ossia a circa 5mila euro netti mensili. Inizialmente, le proposte di legge sul taglio delle pensioni d’oro prevedevano la riduzione dei soli trattamenti ottenuti prima della maturazione dell’età per la pensione di vecchiaia.
In sostanza, perché la pensione subisca la riduzione, o meglio l’applicazione del contributo di solidarietà:
- la pensione deve superare i 5000 euro netti mensili;
- non rileva l’età pensionabile.
Come sono tagliate le pensioni?
Ecco come funziona, secondo quanto previsto dalla normativa, il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro, articolato in 5 fasce.
Le pensioni più elevate, d’importo superiore a 100mila euro annui (circa 5mila euro netti al mese), subiscono un taglio fisso in misura percentuale per 5 anni, sino al 2023, con l’applicazione di un contributo di solidarietà.
Nello specifico, il taglio delle pensioni d’oro funzionain questo modo:
- pensione tra 100 e 130mila euro: taglio dell’assegno pari al 15% per la parte eccedente i 100mila euro;
- pensione tra 130 e 200mila euro: taglio dell’assegno pari al 15% per la parte eccedente i 100mila euro, taglio dell’assegno pari al 25% per la parte eccedente i 130mila euro;
- pensione tra 200 e 350mila euro: taglio dell’assegno pari al 15% per la parte eccedente i 100mila euro, taglio dell’assegno pari al 25% per la parte eccedente i 130mila euro, taglio dell’assegno pari al 30% per la parte eccedente i 200mila euro;
- pensione tra 350 e 500mila euro: taglio dell’assegno pari al 15% per la parte eccedente i 100mila euro, taglio dell’assegno pari al 25% per la parte eccedente i 130mila euro, taglio dell’assegno pari al 30% per la parte eccedente i 200mila euro, taglio dell’assegno pari al 35% per la parte eccedente i 350mila euro;
- pensione oltre i 500mila euro: taglio dell’assegno pari al 15% per la parte eccedente i 100mila euro, taglio dell’assegno pari al 25% per la parte eccedente i 130mila euro, taglio dell’assegno pari al 30% per la parte eccedente i 200mila euro, taglio dell’assegno pari al 35% per la parte eccedente i 350mila euro, taglio del 40% dell’assegno per la parte eccedente i 500mila euro.
Il taglio riguarda le pensioni dirette con almeno una quota calcolata col sistema retributivo: nessun taglio per le pensioni calcolate col sistema integralmente contributivo, per le pensioni indirette e d’invalidità, e per le pensioni ottenute tramite cumulo [3].
Riduzione della rivalutazione della pensione 2019
Oltre al contributo di solidarietà, per tagliare le pensioni d’oro è stato anche previsto un nuovo meccanismo di perequazione di questi assegni all’inflazione.
Come si rivaluta la pensione dal 2019?
Le pensioni che superano di 3 volte il trattamento minimo subiscono una riduzione della rivalutazione, che dal 2019 cambia, rispetto agli adeguamenti applicati in precedenza. Nel dettaglio:
- per le pensioni fino a 3 volte il minimo, l’adeguamento è pari al 100%;
- per le pensioni oltre 3 e fino a 4 volte il minimo è del 97%;
- per le pensioni oltre 4 e fino a 5 volte il minimo è del 77%;
- per le pensioni oltre 5 e fino a 6 volte il minimo è del 52%;
- per le pensioni oltre 6 e fino a 8 volte il minimo è del 47%;
- per le pensioni oltre 8 e fino a 9 volte il minimo è del 45%;
- per le pensioni oltre 9 volte il minimo è del 40%.
In pratica, con questo sistema, chi possiede una pensione pari a 1.600 euro dal 2019 beneficia dell’applicazione di una rivalutazione pari al 100% dell’inflazione sui primi 1530 euro (3 volte il minimo nel 2019), mentre per l’importo che supera 3 volte il trattamento minimo ottiene una rivalutazione pari al 97% dell’inflazione.
Per saperne di più: Come cambiano gli importi delle pensioni dal 2019.
Aumento pensioni 2019
Nel dettaglio, le pensioni riconosciute dall’Inps, nel 2019, aumenteranno in questo modo, salvo interventi del Governo:
- pensioni fino a 3 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari all’1,1%;
- pensioni di importo da 3 a 4 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari all’1,067%;
- pensioni di importo da 4 a 5 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari allo 0,847%;
- pensioni di importo da 5 a 6 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari allo 0,572%;
- pensioni di importo da 6 a 8 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari allo 0,517%;
- pensioni di importo da 8 a 9 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari allo 0,495%;
- pensioni di importo oltre 9 volte il minimo: si applicherà un tasso di rivalutazione pari allo 0,44%.
Quali pensioni non sono tagliate?
Come anticipato inizialmente, nessun taglio è previsto per le pensioni di reversibilità e invalidità, né per le vittime del terrorismo o del dovere. Inoltre, la norma non riguarda gli iscritti alle casse privatizzate dei liberi professionisti, coloro che hanno ottenuto il trattamento tramite cumulo e coloro la cui prestazione è calcolata col sistema contributivo.
Pensioni d’oro in regime di cumulo o totalizzazione
L’Inps, con una recente circolare [4], ha chiarito che il taglio delle pensioni d’oro non può avvenire sulle pensioni ottenute in regime di totalizzazione o di cumulo, se è presente anche un solo contributo a carico di una cassa dei liberi professionisti.
Il taglio delle pensioni sopra i 100mila euro è invece possibile per tutti gli altri trattamenti liquidati in regime di cumulo o totalizzazione, se non è presente contribuzione a carico delle casse professionali.
Taglio delle pensioni d’oro: la proposta accantonata
La precedente proposta sul taglio delle pensioni d’oro, ormai messa definitivamente da parte, non prevedeva un taglio fisso dell’assegno in misura percentuale, né un ricalcolo sulla base del sistema contributivo, ma una riduzione pari al rapporto tra il coefficiente di trasformazione vigente all’età del pensionamento e quello previsto all’età per la pensione di vecchiaia.
Se la decorrenza della pensione fosse risultata anteriore al 1° gennaio 2019, si sarebbero dovuti utilizzare come divisori dei coefficienti più bassi rispetto a quelli validi per le pensioni liquidate dal 2019 in poi (commisurati all’età di 67 anni), legati sia all’età pensionabile che all’anno di decorrenza della pensione: i coefficienti sono stati indicati in un’apposita tabella allegata al disegno di legge. Grazie a questo meccanismo, sarebbe stato possibile scomputare gli effetti della speranza di vita per coloro che sono andati in pensione sin dalla metà degli anni ’70, riducendo quindi il taglio del trattamento in corrispondenza dell’età.
Se la decorrenza della pensione fosse risultata anteriore al 1° gennaio 1996, si sarebbero utilizzati come divisori i coefficienti di trasformazione forniti in origine con la legge Dini [1].
Nella tabella riportata nel testo, elaborata da alcuni esperti che hanno preso visione del disegno di legge, si può osservare in che modo sarebbero probabilmente stati effettuati i tagli: in gran parte dei casi, maggiore risulta l’anticipo della pensione rispetto all’età per il trattamento di vecchiaia, maggiore risulta la decurtazione delle quote retributive dell’assegno.
In media, il taglio per ogni anno di anticipo sarebbe stato del 2-3%; in alcuni casi la riduzione complessiva avrebbe superato il 20%.
Nel dettaglio, la tabella mostra quale sarebbe stata la probabile decurtazione percentuale delle quote di pensione calcolate col retributivo: per capire a quanto sarebbe potuta ammontare la riduzione, è sufficiente incrociare l’età alla decorrenza della pensione con l’anno di decorrenza della pensione stessa. Ad esempio, se Mario si è pensionato nel 1985 a 55 anni, la sua pensione avrebbe potuto subire un taglio del 20,15% (in quanto integralmente calcolata col sistema retributivo).
Età alla pensione | 1980 | 1985 | 1990 | 1995 | 2000 | 2005 | 2010 | 2013-2015 | 2016-2018 | dal 2019 | |
meno di 57 | 19,92% | 20,15% | 21,15% | 22,60% | 23,08% | 23,08% | 21,37% | 24,15% | 24,44% | 25,05% | |
58 | 17,54% | 17,78% | 18,81% | 20,31% | 20,80% | 20,80% | 19,25% | 22,18% | 22,52% | 23,20% | |
59 | 15,06% | 15,31% | 16,37% | 17,91% | 18,42% | 18,42% | 17,01% | 20,08% | 20,86% | 21,23% | |
60 | 12,40% | 12,65% | 13,75% | 15,34% | 15,86% | 15,86% | 14,63% | 17,86% | 18,33% | 19,13% | |
61 | 9,57% | 9,83% | 10,96% | 12,60% | 13,14% | 13,14% | 12,10% | 15,48% | 16,02% | 16,90% | |
62 | 6,45% | 6,72% | 7,89% | 9,58% | 10,14% | 10,14% | 9,38% | 12,94% | 13,58% | 14,53% | |
63 | 3,19% | 3,47% | 4,68% | 6,44% | 7,01% | 7,01% | 5,75% | 10,23% | 10,98% | 11,99% | |
64 | – | – | 1,25% | 3,07% | 3,67% | 3,67% | 3,35% | 7,32% | 8,19% | 9,30% | |
65 | – | – | – | – | 0,28% | 1,63% | 3,21% | 4,22% | 5,22% | 6,41% | |
66 | – | – | – | – | – | – | – | 0,89% | 2,01% | 3,30% |
Questa proposta, come già esposto, è stata messa da parte. Visto l’incessante susseguirsi di annunci e smentite in materia di previdenza, non è comunque improbabile che l’idea sia “rispolverata” ed attuata, magari con penalizzazioni più alte, in futuro.