
Cessazione del rapporto di lavoro domestico: quali sono gli adempimenti necessari per licenziare colf e badanti?
Il rapporto di lavoro domestico presenta diverse particolarità, rispetto alla generalità dei rapporti di lavoro. Tuttavia, anche se la gestione del contratto e degli adempimenti risulta più semplice, questo non significa che non ci siano dei precisi obblighi da rispettare: anche nei rapporti lavorativi con colf e badanti (o babysitter, giardinieri, governanti…), difatti, le violazioni delle regole possono costare molto care.
Quali sono gli adempimenti da effettuare, ad esempio, in caso di licenziamento? Per quali motivi si può licenziare il lavoratore domestico? Si deve fornire un periodo di preavviso? Ci vuole una lettera di licenziamento? Si può licenziare il collaboratore domestico in malattia o la collaboratrice domestica in maternità? Si deve comunicare il licenziamento al centro per l’impiego o all’Inps? Si deve pagare la tassa sul licenziamento? Si deve liquidare il tfr?
Proviamo a fare chiarezza su come licenziare lavoratore domestico: quali sono gli adempimenti da effettuare, preavviso, comunicazioni, liquidazione.
Quando può terminare il rapporto di lavoro domestico?
Il rapporto di lavoro domestico può cessare per una delle seguenti cause:
- interruzione del periodo di prova: durante il periodo di prova, difatti, le parti possono recedere liberamente;
- scadenza del termine (se il contratto di lavoro era a tempo determinato);
- risoluzione consensuale delle parti (entrambe le parti, datore e lavoratore) sono d’accordo sulla cessazione del rapporto);
- licenziamento, per il quale deve essere riconosciuto il preavviso, salvo il caso di giusta causa;
- dimissioni: in questo caso è il lavoratore a dover fornire il preavviso o la corrispondente indennità sostitutiva, salvo che sussista una giusta causa di dimissioni (in quest’ultima ipotesi il datore di lavoro deve corrispondere l’indennità di preavviso al lavoratore); il collaboratore domestico è escluso dall’obbligo d’invio delle dimissioni telematiche;
- morte del lavoratore;
- morte del datore di lavoro: in quest’ipotesi, il rapporto può terminare con il rispetto dei termini di preavviso, ma i componenti della famiglia possono manifestare la volontà di far proseguire il rapporto, col consenso del lavoratore.
Quando si può licenziare il lavoratore domestico?
Il datore di lavoro può recedere liberamente dal rapporto (cosiddetto licenziamento ad nutum), cioè non ha bisogno di spiegare le ragioni per cui licenzia il collaboratore domestico. Su sua richiesta, però, deve fornire una dichiarazione scritta che attesti l’avvenuto licenziamento [1].
La tassa sul licenziamento, o ticket sul licenziamento, non è dovuta.
Per il licenziare il lavoratore domestico ci vuole il preavviso?
Il datore di lavoro domestico, in caso di licenziamento, è tenuto a riconoscere un periodo di preavviso, che non è dovuto solo nell’ipotesi di recesso per giusta causa
I termini di preavviso cui sono tenute le parti, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro domestico, sono commisurati all’anzianità di servizio maturata presso lo stesso datore di lavoro, come indicato di seguito:
- rapporto di lavoro inferiore a 25 ore settimanali:
- sino a 2 anni di anzianità: 8 giorni di calendario;
- oltre 2 anni di anzianità: 15 giorni di calendario;
- rapporto di lavoro da 25 ore settimanali:
- sino a 5 anni di anzianità: 15 giorni di calendario (7,5 per dimissioni);
- oltre 5 anni di anzianità: 30 giorni di calendario (15 per dimissioni).
I termini di preavviso sono raddoppiati se il datore di lavoro intima il licenziamento prima del 31o giorno successivo al termine del congedo per maternità
Per mancato o insufficiente preavviso, la parte che recede deve corrispondere un’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso non concesso.
Per i portieri privati, custodi di villa ed altri dipendenti che usufruiscono con la famiglia di un alloggio di proprietà del datore di lavoro, o da lui messo a disposizione, il preavviso è di 30 giorni di calendario sino ad un anno di anzianità, 60 giorni di calendario per anzianità superiore.
Licenziamento del lavoratore domestico: pagamento Tfr
Il lavoratore domestico ha sempre diritto al Tfr, cioè al trattamento di fine rapporto, o liquidazione, una volta terminato il contratto, qualunque sia il motivo della cessazione del rapporto.
Il collaboratore domestico, poi, può chiedere l’anticipazione del Tfr una volta all’anno, nella misura massima del 70% di quanto maturato.
Il Tfr dei collaboratori domestici si determina (dal 1° giugno 1982) utilizzando lo stesso meccanismo di calcolo stabilito per la generalità dei lavoratori:
- la retribuzione annua, comprensiva dell’eventuale indennità di vitto e alloggio, viene divisa per 13,5 con rivalutazione annuale delle somme accantonate;
- le quote annue accantonate sono incrementate dell’1,5% annuo, mensilmente riproporzionato, più il 75% dell’aumento del costo della vita, accertato dall’ISTAT, con esclusione della quota maturata nell’anno in corso.
Comunicazione del licenziamento
La cessazione del rapporto di lavoro deve essere comunicata dal datore, telematicamente, all’Inps, entro 5 giorni dall’evento (scadenza contratto, licenziamento, risoluzione consensuale, dimissioni…). Nessuna comunicazione deve essere inviata al centro per l’impiego, come avviene invece per la generalità dei lavoratori subordinati.