
La pensione dei lavoratori che hanno contributi in gestioni diverse può essere integrata al trattamento minimo?
L’integrazione al trattamento minimo può essere riconosciuta anche sulle pensioni ottenute attraverso il cumulo dei contributi? La questione è particolarmente interessante, dato che molti dei pensionati che ottengono il trattamento col cumulo dei contributi possiedono una quota di pensione pagata da una o più casse professionali, quindi con un’integrazione al minimo diversa da quella Inps, o non prevista. La questione, comunque, è interessante anche per chi possiede quote di pensione in gestioni diverse facenti tutte capo all’Inps: su quale quota di pensione è applicata l’integrazione al minimo? E se la somma delle quote di pensione supera il trattamento minimo l’integrazione è comunque dovuta? Proviamo a fare chiarezza sull’integrazione al minimo della pensione col cumulo.
Che cos’è l’integrazione al minimo?
Il trattamento minimo, o integrazione al trattamento minimo, è una prestazione che l’Inps riconosce a chi ha una pensione molto bassa, al di sotto del cosiddetto minimo vitale, pari, nel 2018, a 507,42 euro mensili.
Il trattamento minimo annuo ammonta dunque a 6.596,46 euro.
In pratica, con l’integrazione al minimo, l’importo della pensione viene alzato sino ad arrivare a 507,42 euro mensili, per 13 mensilità: l’integrazione al minimo è dunque pari a 507,42 euro mensili soltanto se, per assurdo, la pensione è pari a zero. Negli altri casi, l’importo dell’integrazione è pari alla differenza tra la pensione e l’ammontare del trattamento minimo: ad esempio, se la pensione è pari a 400 euro mensili, l’integrazione al minimo risulta pari a 107,42 euro mensili, cioè alla cifra che serve per ottenere la pensione minima.
Non tutte le pensioni sotto la soglia minima possono essere, però, aumentate, perché per alcuni trattamenti l’integrazione al minimo è esclusa. Inoltre, per aver diritto all’incremento è necessario rispettare precisi requisiti di reddito.
Che cos’è la pensione col cumulo dei contributi?
Il cumulo dei contributi consente di sommare gratuitamente i contributi presenti in gestioni previdenziali differenti, ad esempio la contribuzione accreditata nelle gestioni dei liberi professionisti con quella accreditata nelle altre gestioni Inps (fondo pensione Lavoratori dipendenti, Artigiani, Commercianti, gestione Separata, ex Inpdap…).
I contributi, però, si sommano ai soli fini del diritto alla pensione e non in relazione al suo ammontare: ogni gestione, infatti, liquida autonomamente la sua quota di trattamento. Non si deve, comunque, effettuare il ricalcolo contributivo della prestazione, ma ogni cassa effettua il calcolo della pensione con le proprie regole, considerando, però, l’anzianità contributiva complessiva.
Quali pensioni si possono ottenere col cumulo dei contributi?
Col cumulo si possono ottenere:
- la pensione di vecchiaia ordinaria, con 66 anni e 7 mesi di età e 20 anni di contributi (per la quota delle casse professionali, si deve attendere l’eventuale requisito di età più elevato stabilito dal singolo ordinamento); un altro tipo di cumulo di contributi consente di ottenere la pensione di vecchiaia con 5 anni di contribuzione;
- la pensione per inabilità permanente ed assoluta a qualsiasi attività lavorativa;
- la pensione ai superstiti;
- la pensione anticipata ordinaria, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contribuzione per le donne.
Sono dunque escluse le varie tipologie di pensione di anzianità previste dalle casse dei liberi professionisti. Ulteriori pensioni con cumulo potrebbero essere ottenute solo nel caso in cui vi sia un’apposita norma di legge.
Che cosa succede se i requisiti per la pensione sono diversi?
Se i requisiti previsti per la pensione di vecchiaia presso la cassa professionale sono più severi rispetto a quelli stabiliti dall’Inps, è possibile comunque ottenere la quota Inps di pensione in attesa di maturare tutti i requisiti utili al trattamento nelle altre casse.
In pratica, se i requisiti di età per la pensione sono differenti, il cumulo dei contributi può essere comunque utilizzato subito per ottenere il diritto alla pensione. Per quanto riguarda l’importo della pensione, l’Inps versa l’assegno di sua competenza appena si raggiungono i relativi requisiti, mentre la cassa professionale verserà la sua quota di pensione una volta che l’interessato avrà maturato il requisito richiesto nella specifica gestione.
L’assegno corrisposto dall’Inps non è, però, una pensione a tutti gli effetti, ma un anticipo pensionistico che ha dei punti in comune con l’Ape: proprio come avviene per l’Ape non sono erogate, difatti, quattordicesima, integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali.
Integrazione al minimo sulla pensione col cumulo
Le integrazioni al minimo e le maggiorazioni sociali sono riconosciute sulla pensione in cumulo, ma soltanto con riferimento alla quota Inps di pensione, e solo una volta che la pensione col cumulo risulta integralmente perfezionata.
In pratica, quando il lavoratore matura la pensione in tutte le gestioni sommate, la quota di pensione versata dall’Inps non è più assimilata a un anticipo pensionistico, ma a una pensione vera e propria, e si possono così ottenere (avendone diritto in base ai requisiti di reddito e di età, ovviamente) sia l’integrazione al minimo, che la quattordicesima e le maggiorazioni sociali.
Bisogna comunque ricordare che l’integrazione al minimo non è dovuta sulle pensioni calcolate col sistema interamente contributivo, eccezion fatta per l’opzione donna.
Le regole potrebbero però cambiare con la pensione minima di cittadinanza, che prevede un reddito minimo mensile pari a 780 euro per tutti.