
Il pensionato che ha diritto all’integrazione al trattamento minimo perde l’agevolazione se vende un immobile?
Hai da poco venduto la seconda casa: avendo guadagnato un bel gruzzolo, ora hai paura di perdere l’integrazione al trattamento minimo della pensione, che ti spetta perché il tuo assegno Inps è basso. In realtà, devi sapere che non sempre dalla vendita di un immobile deriva un reddito: per la precisione, la vendita della seconda casa può generare una plusvalenza, cioè un reddito da dichiarare derivante dal “valore aggiunto” conseguito con la cessione, solo in rari casi. Al contrario, la cessione di una casa determina, normalmente, una diminuzione del patrimonio. Ad ogni modo, non è semplice stabilire se l’integrazione al trattamento minimo spetta o meno: entrano in gioco, difatti, quasi tutti i redditi prodotti, e non solo quelli personali, ma anche i redditi prodotti dal coniuge. Persino alcuni redditi sottoposti a una tassazione separata possono rilevare nella soglia limite entro la quale spetta l’integrazione al minimo. Ma procediamo per ordine, e facciamo il punto sul trattamento minimo: chi vende la casa lo perde?
Che cos’è il trattamento minimo?
L’integrazione al trattamento minimo è una prestazione che l’Inps riconosce a chi ha una pensione molto bassa, al di sotto del cosiddetto minimo vitale, pari, nel 2018, a 507,42 euromensili.
In pratica, con l’integrazione al minimo, l’importo della pensione viene alzato sino ad arrivare a 507,42 euro mensili, per 13 mensilità.
Non tutte le pensioni sotto la soglia minima possono essere, però, integrate, perché per alcuni trattamenti l’integrazione al minimo è esclusa. Per altri trattamenti, come la pensione d’invalidità, l’integrazione spetta in misura differente. Inoltre, per aver diritto all’incremento è necessario rispettare precisi requisiti di reddito.
Qual è il reddito per il diritto al trattamento minimo?
Chi non è sposato, o risulta legalmente separato o divorziato, ha diritto all’integrazione al minimo:
- in misura piena, se possiede un reddito annuo non superiore a 6.596,46 euro;
- in misura parziale, se possiede un reddito annuo superiore a 6.596,46 euro, sino a 13.192,92 euro (cioè sino a due volte il trattamento minimo annuo).
Se il reddito supera la soglia di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.
Per calcolare l’integrazione mensile, si deve:
- sottrarre il reddito totale del pensionato dalla soglia limite;
- dividere la cifra per 13.
Qual è il reddito familiare per il diritto al trattamento minimo?
Chi risulta sposato ha dei limiti di reddito più alti, ai fini dell’integrazione al minimo, ma deve considerare anche il reddito del coniuge. In particolare si ha diritto all’integrazione:
- piena, se il reddito annuo complessivo proprio e del coniuge non supera 19.789,38 euro ed il reddito del pensionato non supera i 6.596,46 euro;
- parziale, se il reddito annuo complessivo proprio e del coniuge supera i 19.789,38 euro, ma non supera i 26.385,84 euro (cioè sino a quattro volte il trattamento minimo annuo) ed il reddito del pensionato non supera i 13.192,92 euro (deve essere applicato un doppio confronto, tra limite personale e coniugale: l’integrazione applicata è pari all’importo minore risultante dal doppio confronto).
Se il reddito personale e del coniuge supera i 26.385,84 euro, o se il solo reddito personale supera la soglia di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.
Per calcolare l’integrazione mensile, si deve:
- sottrarre il reddito totale dalla soglia limite;
- dividere la cifra per 13.
Attenzione, però, alla doppia soglia: se il reddito della coppia non supera i 26.385,84,ma il reddito del pensionato supera il limite individuale di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.
Va poi applicata l’integrazione minore risultante dal confronto tra limite e reddito della coppia e limite e reddito personale.
Nessun limite di reddito coniugale, invece, può essere applicato alle integrazioni al minimo per le pensioni con decorrenza anteriore al 1994.
Quali sono i redditi rilevanti per il diritto al trattamento minimo?
Non tutti i redditi, ad ogni modo, devono essere contati nella soglia limite, in quanto sono esclusi:
- il reddito della casa di abitazione;
- la pensione da integrare al minimo;
- il Tfr ed i trattamenti assimilati (Tfs, Ips), comprese le relative anticipazioni;
- i redditi esenti da Irpef, come le pensioni di guerra, le rendite Inail, le pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, etc.
Tutti gli altri redditi, invece, devono essere inclusi nel conteggio.
La vendita della casa produce un reddito?
La vendita della casa genera una plusvalenza, cioè un reddito da dichiarare derivante dal “valore aggiunto” conseguito con l’operazione, solo in rari casi. Innanzitutto, perché vi sia plusvalenza deve esserci una differenza, in positivo, tra il prezzo di vendita e il prezzo d’acquisto dell’immobile, aumentato dei costi inerenti documentati.
Non devono essere poi dichiarati eventuali plusvalori derivanti dalla vendita:
- di immobili acquistati o costruiti da più di 5 anni;
- di immobili ereditati;
- di immobili ricevuti in donazione (la tassazione si applica solo se al momento della cessione non risultano ancora trascorsi 5 anni dal giorno in cui il donante ha acquistato l’immobile; in questo caso la plusvalenza è pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione e il costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante);
- di immobili urbani che per la maggior parte del periodo trascorso tra l’acquisto (o la costruzione) e la cessione siano state utilizzate come abitazione principale dal venditore o dai suoi familiari.
In pratica, non sono molti i casi in cui la vendita della seconda abitazione deve essere tassata ed inserita nella dichiarazione dei redditi: ricordiamo, a questo proposito, che, nella generalità delle ipotesi, la plusvalenza appartiene alla categoria dei “redditi diversi” e, come tale, si deve dichiarare nel modello Redditi all’interno del quadro RL, oppure nel modello 730 all’interno del quadro “D”.
Quando si perde l’integrazione al minimo per vendita della casa?
In conclusione, per verificare se la vendita di un immobile determina la perdita del trattamento minimo:
- bisogna innanzitutto verificare se la vendita della seconda casa genera una plusvalenza, quindi un reddito aggiuntivo, in base alle ipotesi esposte;
- nel caso in cui la vendita non generi alcuna plusvalenza, l’integrazione al minimo della pensione non si perde (a meno che non vi siano altri redditi che ne determinino la perdita, ovviamente);
- nel caso in cui la vendita, invece, generi plusvalenza, bisogna calcolare l’ammontare di questo reddito aggiuntivo e verificare, in base alle regole esposte, se il reddito determina una riduzione o addirittura la perdita dell’integrazione al minimo della pensione.
La perdita dell’integrazione non sarà, comunque, “eterna”, ma avverrà soltanto con riferimento all’anno in cui è prodotto il reddito che ha determinato lo “sconfinamento” oltre la soglia limite.