
Cancellazione dei ruoli, rottamazione ter, sanatoria errori formali, definizione liti col fisco, riscatto dei contributi agevolato: le nuove misure.
In queste ultime settimane, si parla spesso di pace fiscale e pace contributiva: ma di che cosa si tratta? Non si tratta di una “deriva mistica” del Governo, ma di nuove misure che consentono ai contribuenti di “fare pace” col fisco o con l’Inps.
Sul fronte fiscale, nel dettaglio, le nuove misure, previste nel decreto fiscale 2019 [1] e nella legge di Bilancio 2019 [2], partono dalla terza rottamazione, per continuare con la chiusura agevolata delle liti, con la sanatoria degli errori formali, e terminare con la cancellazione delle cartelle sino a mille euro; sul fronte contributivo, nel decreto di riforma pensioni in via di approvazione, il Governo offre la possibilità di pensionarsi prima coprendo tutti i periodi senza contributi dal 1996 in poi, grazie a un nuovo riscatto.
In particolare, la terza rottamazione offre ai contribuenti la possibilità di allungare a 5 anni il termine per il pagamento dei debiti verso agenzia delle Entrate riscossione (Ader, che ha “sostituito” Equitalia) e ripesca i debitori che non sono riusciti a pagare tutte le rate della prima procedura di rottamazione. Per i decaduti dalla seconda rottamazione, l’ammissione alla procedura avverrà solo se risultano pagate, entro il 7 dicembre, tutte le somme dovute sino alla fine di ottobre.
Chi vuol far pace col fisco e con l’Inps deve cogliere “al volo” l’occasione offerta dalle nuove norme.
La pace fiscale riguarda anche i debiti oggetto di contenzioso, con la possibilità di definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (Pvc), degli avvisi di accertamento e delle liti pendenti, nonché delle imposte di consumo delle sigarette elettroniche . Per quanto riguarda le liti fiscali, è previsto uno sconto del 60% del valore della lite per chi ha vinto in primo grado, ed uno sconto dell’85% per chi ha vinto in secondo grado, con la possibilità di pagare quanto dovuto sostanzialmente in cinque anni, con un massimo di 20 rate trimestrali. Lo sconto è del 10% per chi ha presentato ricorso ma vuol chiudere la lite.
La flat tax sulla dichiarazione integrativa, invece, avrebbe consentito di pagare un’imposta pari al 20% sugli imponibili non dichiarati, d’importo pari, al massimo, a un terzo del reddito già dichiarato, entro un tetto di 100mila euro annui, e per i periodi d’imposta fino al 31 ottobre 2017. In buona sostanza, il contribuente avrebbe potuto mettersi in regola con una dichiarazione integrativa, pagando solo un’imposta del 20% anziché, come avviene oggi, l’imposta integralmente dovuta sulla differenza, più sanzioni e interessi ridotti secondo il ravvedimento operoso. Purtroppo la misura è stata cancellata nella conversione del decreto.
Confermata nel decreto fiscale, invece, la cancellazione automatica delle micro-cartelle, cioè dei carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 2010: sono interessati i ruoli sino a mille euro, comprensivi di sanzioni e interessi. La cancellazione riguarda non solo i debiti fiscali ma anche le multe per violazioni al Codice della strada e le imposte locali.
Prevista, poi, una sanatoria degli errori formali in due tempi: la situazione potrà essere regolarizzata col versamento di una rata da 200 euro per anno d’imposta con cui cancellare le irregolarità formali commesse. Il versamento della prima rata deve essere effettuato entro il 31 maggio 2019. La seconda rata dovrà essere versata entro il 2 marzo 2020.
Per quanto riguarda la pace contributiva, invece, l’intervento è stato appena approvato nel decreto pensioni, e sarà presto ampliato, con la conversione in legge del decreto.
Ma procediamo per ordine, e cerchiamo di capire come funzioneranno pace fiscale e pace contributiva: nuova sanatoria, contribuenti interessati, quali vantaggi, quanto si paga, come saranno suddivise le rate e quando dovranno essere pagate.
Come funzionerà la pace contributiva?
La pace contributiva consisterà nella possibilità di riscattare i periodi non coperti da versamenti previdenziali all’Inps con costi ridotti.
Saranno riscattabili, in particolare, tutti i periodi a partire dal 1996, e non soltanto gli intervalli non coperti per i quali ad oggi è possibile chiedere il riscatto.
Grazie a questi versamenti volontari, i lavoratori potranno anticipare i requisiti per il pensionamento, arrivando prima alla pensione quota 100 o alla pensione anticipata.
I fondi così recuperati serviranno a sostenere la nuova riforma pensioni.
Chi può chiedere la pace contributiva?
Non tutti i lavoratori potranno beneficiare della pace contributiva, ma solo chi non possiede contributi al 31 dicembre 1995.
Quali periodi potranno essere riscattati con la pace contributiva?
Con la pace contributiva saranno riscattabili tutti i periodi senza contributi del lavoratore interessato, o una loro parte, sino a un massimo di 5 anni, dal 1996 in poi.
Potranno utilizzare la pace contributiva per ricostruire il proprio montante anche i lavoratori disoccupati.
La facoltà di riscattare gli anni mancanti è riconosciuta anche ai superstiti (per guadagnare i requisiti mancanti per la pensione di reversibilità), ai parenti dell’assicurato, fino al secondo grado, e ai datori di lavoro.
Come si calcola il costo del riscatto con la pace contributiva?
Considerando che la pace contributiva riguarderà i soli periodi dal 1996 in poi, il costo del riscatto sarà calcolato col sistema contributivo. Nel dettaglio:
- si deve prendere come riferimento la retribuzione pensionabile degli ultimi 12 mesi (secondo una differente proposta, dell’anno successivo a quello da riscattare);
- si deve poi moltiplicare la retribuzione per gli anni da ricongiungere e per l’aliquota contributiva applicata (ad esempio 33% per la generalità dei lavoratori dipendenti); nel caso in cui i periodi siano più brevi, o non risultino annualità intere, si deve rapportare l’imponibile dell’ultimo anno a mese, o a settimana.
Riscatto agevolato degli anni di laurea
Per gli under 45, è possibile riscattare gli anni di laurea anche ai soli fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, cioè ai fini del diritto alla pensione, non della sua misura.
I periodi devono essere valutati con il sistema contributivo.
In quest’ipotesi, il costo del riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari all’imponibile minimo vigente nella gestione Inps Commercianti (15.710 euro per il 2018), moltiplicato per l’aliquota
valida presso il fondo pensione lavoratori dipendenti.
Si deve far riferimento ai valori vigenti alla data di presentazione della domanda. In pratica, ipotizzando che l’imponibile 2019 sia pari a 15.710 euro (il minimale 2019 non è ancora stato reso noto dall’Inps), per calcolare il costo di un anno di riscatto si deve eseguire quest’operazione: 15710 x 33%, dunque per ogni anno riscattato si pagano 5.185 euro circa.
In base a quanto annunciato, la conversione in legge del decreto pensioni prevede l’ampliamento del riscatto agevolato, offrendo la possibilità di richiederlo ai lavoratori sino a 50 anni di età.
Il riscatto dei contributi si può scaricare dalle tasse?
Il costo derivante dal riscatto con pace contributiva sarà detraibile al 50% dall’Irpef in 5 rate annuali. Se l’onere, o una sua parte, è pagato dal datore di lavoro, questi può dedurlo dal reddito d’impresa.
Come funziona la terza rottamazione delle cartelle?
La sanatoria, o rottamazione delle cartelle, o definizione agevolata, consiste nella possibilità di pagare i debiti con Equitalia/ Agenzia Entrate Riscossione azzerando le sanzioni e gli interessi di mora. Restano invece dovuti il capitale, gli interessi affidati all’Agente della riscossione (di regola si tratta degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo), il costo di notifica della cartella, eventuali spese sostenute per procedure cautelari e esecutive e l’aggio di riscossione, commisurato alle somme dovute per la sanatoria.
Per quali debiti si può chiedere la terza rottamazione delle cartelle?
La terza rottamazione delle cartelle riguarda tutti i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2017. La seconda rottamazione riguardava invece tutti i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 e dal 1° gennaio al 30 settembre 2017. Sono inclusi anche gli accertamenti esecutivi, che non necessitano d’iscrizione a ruolo, oltre ai debiti ancora non riportati in atti o documenti formalmente trasmessi al contribuente, ed i contributi previdenziali.
Chi è ammesso alla terza rottamazione delle cartelle?
Alla seconda rottamazione erano ammessi anche i morosi della prima rottamazione 2017, purché avessero sistemato la propria posizione, assieme ad alcune categorie di esclusi dalla precedente sanatoria: per approfondire, Riammissione rottamazione cartelle.
Alla terza rottamazione sono ammessi, oltre a coloro che non hanno mai aderito a una rottamazione, coloro che sono decaduti dalla prima rottamazione, e tutti i beneficiari della seconda rottamazione, compresi i morosi, purché abbiano saldato tutte le rate, che scadevano entro il 31 ottobre 2018, alla data del 7 dicembre 2018.
Quando si fa la domanda per la terza rottamazione delle cartelle?
Chi non ha aderito alla precedente rottamazione deve presentare la domanda di rottamazione Ter, con modello DA 2018 (definizione agevolata 2018) all’Agenzia entrate riscossione entro il 30 aprile 2019.
Chi ha aderito alla seconda rottamazione e si è messo in regola entro il 7 dicembre 2018 non deve fare nulla: sarà Agenzia entrate riscossione, entro il 30 giugno 2019, a mandare il nuovo piano dei pagamenti.
Quali debiti si possono rottamare?
Si può rottamare la generalità dei debiti col fisco. Alcuni debiti non sono rottamabili, come le sanzioni penali, le sanzioni diverse da quelle collegate alla violazione di obblighi tributari o contributivi, dazi, accise e Iva all’importazione, somme derivanti da sentenze di condanna della Corte dei Conti, somme pretese a titolo di recupero di aiuti di Stato illegittimi. L’impossibilità di rottamare questi debiti, in base al contenuto del decreto fiscale, è stata confermata anche per la terza rottamazione.
Multe e le violazioni del codice della strada sono rottamabili, ma con l’abbandono degli interessi moratori.
Passaggio dalla seconda rottamazione alla terza rottamazione
Ricordiamo che il pagamento della seconda rottamazione sarebbe dovuto essere effettuato in un massimo di 5 rate, con le seguenti scadenze:
- 31 luglio 2018;
- 1° ottobre 2018;
- 31 ottobre 2018;
- 30 novembre 2018;
- 28 febbraio 2019.
Grazie alla rottamazione ter, invece, devono essere pagate entro il 7 dicembre 2018 le rate in scadenza o scadute sino al 31 ottobre 2018. Una volta che ci si è messi in regola, si deve aspettare la comunicazione di Agenzia entrate riscossione, che presenterà, entro il 30 giugno 2019, un nuovo piano di rateazione.
Chi paga nei termini, infatti, rientra automaticamente nei benefici previsti dalla rottamazione-ter.
Agenzia delle entrate-Riscossione, senza alcun ulteriore adempimento, invierà al contribuente entro il 30 giugno 2019 una nuova comunicazione con il differimento dell’importo residuo da pagare relativo alla rottamazione bis, da pagare in 5 anni, con scadenza a partire dal 31 luglio 2019.
Pagamento terza rottamazione cartelle
La terza rottamazione delle cartelle include tutti i carichi affidati dal 2000 al 2017, e consente, come le precedenti definizioni agevolate, l’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora. La sola presentazione della domanda sospende tutte le procedure esecutive in corso, tranne quelle giunte al primo incanto con esito positivo.
Sono ammessi alla terza rottamazione:
- i contribuenti che sono decaduti dalla prima sanatoria;
- i contribuenti decaduti dalla seconda sanatoria, nel caso in cui abbiano saldato tutte le somme dovute sino alla fine di ottobre, in un’unica soluzione, entro il 7 dicembre;
- i contribuenti che non hanno mai rottamato.
L’ammissione alla terza rottamazione estingue i giudizi in corso solo a seguito di definizione integrale delle somme dovute. Il mancato o ritardato pagamento, anche di un solo giorno, determina difatti la perdita di tutti i benefici, e le somme residue non potranno più essere rateizzate.
Quante sono le rate per la terza rottamazione?
Gli importi oggetto della nuova rottamazione devono essere definiti in 5 anni, in 18 rate, da pagare ogni anno (sono previste 4 rate annuali).
In particolare, delle 18 rate, due dovranno essere pagate nel 2019, ciascuna pari al 10% dell’importo totale dovuto, entro il 31 luglio ed il 30 novembre. L’80% della somma definita attraverso la rottamazione, diluita in altre 16 rate, di pari importo, si pagherà con scadenza 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ogni anno.
Il tasso di interesse risulta ridotto, e passa dal 4,5% applicato nelle prime due edizioni al 3% annuo.
Annullamento cartelle
La pace fiscale prevede poi l’annullamento, in automatico, di tutti i ruoli affidati alla riscossione dal 2000 al 2010, fino a un importo massimo di mille euro per ruolo, comprensivo di sanzioni e interessi. La cancellazione riguarda non solo i debiti fiscali, ma anche le multe per violazioni al Codice della strada e le imposte locali.
Possono essere stralciate anche le cartelle già oggetto di una delle tre rottamazioni? La risposta è positiva, ma quanto già versato prima dell’entrata in vigore del decreto fiscale non viene rimborsato.
Sconto sulle liti col fisco
La sanatoria riguarda anche i debiti oggetto di contenzioso: in particolare, possono essere oggetto di definizione agevolata i processi verbali di constatazione (Pvc), gli avvisi di accertamento e le liti pendenti.
Per quanto riguarda le liti pendenti col fisco, è previsto uno sconto del 60% del valore della causa per chi ha vinto in primo grado, ed uno sconto dell’85% per chi ha vinto in secondo grado, con la possibilità di pagare quanto dovuto in cinque anni, con un massimo di 20 rate trimestrali.
Saldo e stralcio
La Legge di Bilancio 2019 prevede il cosiddetto saldo e stralcio, ossia una riduzione delle somme dovute, a titolo di capitale e interessi di ritardata iscrizione, per alcune tipologie di debiti riferiti a carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, per le persone che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica.
Rientrano nel saldo e stralcio solo i carichi derivanti dagli omessi versamenti relativi alle dichiarazioni annuali, e quelli derivanti dai contributi previdenziali dovuti dagli iscritti alle casse professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi Inps.
Non tutti i contribuenti con cartelle di Equitalia o di Agenzia Entrate Riscossione, però, possono accedere al beneficio, ma soltanto coloro il cui indicatore Isee (si tratta, in parole semplici, dell’indice che “misura la ricchezza” delle famiglie, che si ricava dalla dichiarazione sostitutiva unica, o Dsu) non supera i 20mila euro. Fanno eccezione coloro che hanno avviato la procedura di liquidazione del patrimonio (sovraindebitamento).
A quanto ammonta la quota di debito che si deve pagare per mettersi definitivamente in regola col fisco? L’aliquota da applicare ai debiti cambia a seconda dell’importo del reddito dichiarato.
Nel dettaglio, si tratta di un’aliquota “secca”pari al:
- 16%, se il debitore ha un Isee del nucleo sino a 8.500 euro;
- 20%, se il debitore ha un Isee del nucleo da 8.500,01 euro sino a 12.500 euro;
- 35%, se l’Isee del nucleo del debitore va dai 12.500,01 euro ai 20mila euro.
Per stralciare le cartelle e chiudere definitivamente il debito con l’erario i contribuenti possono versare le somme dovute in unica soluzione o ripartendolo in 5 anni.
Per chi ha in corso una procedura di sovraindebitamento, l’importo da pagare è pari al 10% del dovuto.
Per saperne di più: Pace fiscale, come funziona il saldo e stralcio delle cartelle.