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Revoca disoccupazione Naspi e richiesta rimborso

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Come comportarsi se l’Inps ti chiede il rimborso della Naspi versata per un tuo errore?

Lo Stato tutela i lavoratori che hanno perso involontariamente l’impiego, con l’accredito in loro favore da parte dell’Inps di un’indennità per la disoccupazione, la Naspi [1].

L’indennità spetta, in proporzione al proprio imponibile previdenziale (lo stipendio lordo, per grandi linee) ed ai contributi versati negli ultimi 4 anni, per un massimo di 24 mesi. La corresponsione della Naspi, però, può cessare anticipatamente per diverse cause. Ma che cosa succede in caso di revoca disoccupazione Naspi e richiesta rimborso?

Ci si domanda, in particolare, come comportarsi qualora si decada dalla Naspi- per svariati motivi- e, nonostante la decadenza, si continui a percepire l’indennità non dovuta. In questo caso, bisogna rimborsare all’Inps l’indebito percepito in unica soluzione oppure è possibile rateizzare? Come si restituisce la Naspi non dovuta all’istituto?

In primo luogo, è importante sapere quali sono le cause che possono determinare l’interruzione della Naspi: le motivazioni alla base della decadenza dall’indennità variano a seconda della sua erogazione, se anticipata o in ratei mensili.

Ricordiamo, a questo proposito, che la Naspi anticipata spetta al lavoratore per agevolare l’avvio di un’attività autonoma o d’impresa individuale o, ancora, per sottoscrivere una quota di capitale sociale di una cooperativa, nella quale il rapporto mutualistico abbia ad oggetto lo svolgimento di attività lavorativa da parte del socio. Il decreto che disciplina la Naspi [2] dispone che il disoccupato è tenuto a restituire per intero l’anticipazione ottenuta, se viene assunto come dipendente prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipata dell’indennità, anche se per pochi giorni e con una retribuzione molto bassa [3]. L’unica eccezione consiste nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro subordinato risulti instaurato con la cooperativa della quale il lavoratore ha sottoscritto una quota di capitale sociale.

Quando si decade dalla Naspi?

Il beneficiario di Naspi decade dall’indennità, oltreché nell’ipotesi appena menzionata di reimpiego subordinato in caso di liquidazione anticipata, per le seguenti motivazioni:

  • perdita dello stato di disoccupazione;
  • reintegra effettiva nel posto di lavoro;
  • inizio di un’attività lavorativa subordinata o in forma autonoma senza provvedere alle comunicazioni dovute all’Inps;
  • raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
  • acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per la Naspi;
  • violazione delle regole di condizionalità (mancata presentazione agli appuntamenti presso il centro per l’impiego, agli incontri di orientamento, ai corsi di formazione, rifiuto di un’offerta di lavoro…); si veda, a questo proposito: Naspi, niente disoccupazione se salti gli incontri.

Naspi e nuovo lavoro

Se la Naspi è liquidata al disoccupato mensilmente ed il beneficiario trova un nuovo lavoro, è considerato comunque in stato di disoccupazione e continua ad avere diritto all’indennità se svolge un’attività lavorativa:

  • subordinata o di collaborazione, di durata superiore ai 6 mesi, dalla quale derivi un reddito imponibile Irpef non superiore a 8145 euro annui;
  • autonoma, indipendentemente dalla durata, dalla quale derivi un reddito non superiore a 4800 euro annui.

In questi casi, però, la Naspi è ridotta in misura pari all’80% del reddito di lavoro percepito (ad esempio, se si percepiscono mille euro, 800 euro vengono tolti dal sussidio).

Se il disoccupato è impiegato con un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato e questo è di durata sino a 6 mesi, anche qualora il reddito risulti superiore alla soglia di esenzione fiscale, l’indennità viene soltanto sospesa e, al termine della sospensione, riprende a decorrere normalmente.

Restituzione Naspi

Il disoccupato che continua a percepire la Naspi, pur essendosi verificata la decadenza, deve restituire all’Inps l’importo indebito.

Le modalità di restituzione sono normalmente indicate nel provvedimento con cui l’Inps notifica la decadenza dalla disoccupazione, unitamente all’eventuale possibilità di scelta tra rimborso in unica soluzione o in più rate.

Qualora il provvedimento mediante il quale l’Inps domanda la restituzione della Naspi sia illegittimo, l’interessato può innanzitutto proporre ricorso contro il provvedimento in via amministrativa, successivamente può intentare una causa contro l’istituto, in caso di rifiuto.

Ricorso contro la decadenza dalla Naspi

Se il motivo della decadenza dalla Naspi consiste nella violazione degli obblighi di condizionalità, contro le sanzioni adottate dai centri per l’impiego il lavoratore può proporre ricorso all’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che provvede ad istituire un apposito comitato con la partecipazione delle parti sociali.

L’Inps deve comunque notificare ai titolari delle prestazioni di disoccupazione un’apposita comunicazione che indichi la violazione e la corrispondente sanzione, assieme alla durata dell’eventuale decurtazione della Naspi espressa in giornate.

Nel dettaglio, contro queste decisioni è possibile presentare ricorso al Comitato per la condizionalità, di cui fanno parte il direttore generale dell’Anpal ed i rappresentanti del ministero del Lavoro, dell’Inps, delle Regioni e Province autonome.

Il ricorso deve essere presentato entro 30 giorni dalla sanzione, per motivi di legittimità o di merito, via posta elettronica certificata oppure per raccomandata A/R ai seguenti indirizzi:

Oltre al modulo di ricorso messo a disposizione dall’Anpal vanno allegati la copia della sanzione ricevuta dal centro per l’impiego, un documento di identità e l’eventuale ulteriore documentazione a supporto delle motivazioni del ricorrente.

Decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che il Comitato abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti; restano comunque esperibili il ricorso all’autorità giurisdizionale competente o il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

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