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Invalidità e accompagnamento

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Riconoscimento della riduzione della capacità lavorativa e diritto all’indennità di accompagno: in quali casi?

Un nostro lettore ci scrive perché gli è stata riconosciuta un’invalidità civile totale, ma non ha diritto alla relativa pensione perché possiede un reddito più alto di 16.982,49 euro annui.

Vorrebbe allora richiedere l’indennità di accompagnamento, perché sa che non sussistono limiti di reddito per avere diritto a questo assegno: ma invalidità e accompagnamento vanno sempre di pari passo?

In altri termini, il lettore domanda se, qualora una persona sia riconosciuta invalida, vi sia sempre il diritto all’indennità di accompagnamento.

A questo proposito, è innanzitutto fondamentale distinguere tra le condizioni che determinano il riconoscimento di un’invalidità, il grado dell’invalidità stessa e la differente condizione di non autosufficienza.

L’indennità di accompagnamento spetta infatti al riconoscimento di un’invalidità totale, o inabilità (non basta dunque l’invalidità parziale), nonché della non autosufficienza.

Osserviamo allora attentamente quali sono le condizioni necessarie perché questa indennità di assistenza, che non è subordinata al rispetto di soglie massime di reddito, possa essere erogata.

Iniziamo subito con lo sciogliere un dubbio che spesso ci viene posto: l’accompagnamento, anche se finalizzato all’assistenza del disabile non autosufficiente, non viene corrisposto alla badante, al familiare caregiver o, in generale, alla persona che presta assistenza, ma spetta all’invalido richiedente.

Invalidità e non autosufficienza

Per comprendere quali condizioni danno diritto all’assegno di accompagnamento [1], ad oggi pari a 520,29 euro al mese, è molto importante distinguere la condizione di invalidità dalla condizione di non autosufficienza.

L’invalidità consiste nella riduzione della capacità lavorativa, che può essere generica, o invalidità civile, oppure riguardare attività confacenti alle competenze ed alle esperienze dell’interessato: in questo caso parliamo di invalidità ordinaria, o invalidità al lavoro, o pensionabile.

L’invalidità civile è normalmente espressa in misura percentuale, dal 33% al 100%, mentre l’invalidità ordinaria è normalmente espressa in misura frazionaria (ad esempio, riduzione della capacità lavorativa superiore ai 2/3, necessaria per ottenere l’assegno ordinario di invalidità).

Nelle ipotesi in cui l’invalidità si riferisca a determinate mansioni, parliamo invece di invalidità o inabilità specifica (ad esempio inabilità al servizio di volo).

La non autosufficienza consiste invece nella necessità di assistenza continuativa, anche se possono essere richiesti requisiti specifici differenti in base alla prestazione riconosciuta al disabile non autosufficiente.

Requisiti per l’accompagnamento

Per ottenere l’indennità di accompagnamento, non è sufficiente che l’interessato sia stato riconosciuto invalido (è richiesto l’accertamento dell’invalidità civile nella misura minima del 100%).

È anche necessario che l’invalido sia riconosciuto, alternativamente:

  • non in grado permanentemente di compiere in modo autonomo, cioè senza assistenza, gli atti quotidiani della vita, quali:
    • provvedere alla propria igiene personale;
    • soddisfare i propri bisogni fisiologici;
    • vestirsi e svestirsi;
    • assumere i pasti;
    • effettuare in sufficiente autonomia tutto quanto attiene alle necessità minime essenziali della quotidianità;
  • non in grado permanentemente di camminare senza l’aiuto di un accompagnatore.

Inoltre, deve soddisfare le seguenti condizioni:

  • essere cittadino italiano;
  • in alternativa, essere cittadino straniero comunitario iscritto all’anagrafe del Comune di residenza;
  • in alternativa, essere cittadino straniero extracomunitario in possesso del permesso di soggiorno di almeno un anno;
  • avere residenza stabile e abituale sul territorio nazionale.

Non sono previsti requisiti reddituali massimi per l’accesso all’assegno.

Non autosufficienza

Per il riconoscimento della non autosufficienza, basta che sia verificata una persistente difficoltà nel compiere gli atti quotidiani della vita, o relativa alla deambulazione, oppure è necessario che il compimento di queste attività risulti impossibile?

La Cassazione [2], in argomento, ha chiarito che i presupposti utili per beneficiare dell’indennità di accompagnamento consistono nell’impossibilità, non nella mera difficoltà, di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o nell’impossibilità di compiere gli atti della vita quotidiana.

Non basta, dunque, avere delle difficoltà nel portare a termine le azioni essenziali quotidiane: l’accompagnamento presuppone la necessità, ogni qual volta l’invalido debba compiere una determinata attività quotidiana nella giornata, di far ricorso all’aiuto di terze persone, senza la cui assistenza l’attuazione dell’attività stessa risulti impossibile.

Ricovero dell’invalido

Se il beneficiario dell’indennità di accompagnamento risulta ricoverato gratuitamente in un istituto a carico dello Stato, l’indennità è sospesa, a meno che:

  • il periodo di ricovero risulti inferiore a 30 giorni [3];
  • la retta-base non risulti a totale carico di un ente o struttura pubblica, ma sia pagata almeno in parte dal paziente o dai familiari; l’accompagnamento è invece sospeso se la retta base è a totale carico pubblico e l’interessato o i familiari effettuano soltanto dei versamenti supplementari al fine di ottenere un migliore trattamento.

La Cassazione [4] ha precisato che il ricovero incompatibile con l’indennità di accompagnamento deve intendersi come limitato ai soli casi di lunga degenza e terapie riabilitative, mentre è esclusa la degenza temporanea in strutture pubbliche ospedaliere; il day-hospital non è considerato ricovero

Per approfondire: Guida all’indennità di accompagnamento.

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