È possibile che il rapporto a tempo determinato finisca prima della data di cessazione prevista?
Il contratto a tempo determinato, o a termine, consiste in un contratto di lavoro subordinato che ha una scadenza. La scadenza indicata nel contratto può essere posticipata con proroghe o rinnovi, entro determinati limiti previsti dalla legge (ne abbiamo parlato in: Contratto a termine, limite rinnovi). Ma che cosa succede se si verifica, per il contratto a termine, la conclusione prima della scadenza?
Pensiamo al caso del lavoratore che viene assunto in sostituzione di un dipendente in aspettativa: il datore di lavoro ipotizza il ritorno del sostituito in una determinata data, ma il dipendente rientra due mesi prima. In questi casi, ci si domanda se il datore di lavoro possa recedere in anticipo dal contratto, oppure se sia obbligato a rispettare la data di scadenza indicata.
La questione, in realtà, non deve essere posta in questi termini: la fine del contratto di lavoro, infatti, può essere costituita non solo da una data specifica, ma anche dal verificarsi di un determinato evento, che può essere il rientro del lavoratore sostituito, ma anche la cessazione di un’attività svolta temporaneamente dall’azienda, alla quale il dipendente assunto a termine è stato adibito.
In altre parole, l’estinzione automatica del rapporto può sia verificarsi alla data prevista nel contratto di assunzione, sia verificarsi in seguito ad un evento specifico, ugualmente previsto nel contratto di assunzione.
In merito a quest’ultima ipotesi, però, occorrono importanti precisazioni, specie dopo le modifiche apportate alla disciplina del contratto a tempo determinato dal cosiddetto decreto Dignità [1].
Cessazione anticipata del contratto a termine
In base al Codice civile [2], il recesso anticipato dal contratto a termine, sia da parte del datore che del lavoratore, è consentito solo in presenza della cosiddetta giusta causa.
In pratica, il rapporto può cessare anticipatamente solo se si verifica un fatto di gravità tale da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro.
È comunque possibile recedere dal contratto con risoluzione consensuale; il rapporto può poi cessare per morte del lavoratore, per impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa o per superamento del periodo di comporto, cioè del periodo di conservazione del posto in caso di malattia.
Estinzione automatica del contratto a termine
Qualora non si verifichino, da un lato, ipotesi di recesso anticipato e, dall’altro lato, proroghe o rinnovi, il contratto di lavoro a tempo determinato si estingue automaticamente alla data prevista nel contratto di assunzione.
La data di cessazione del rapporto:
- può essere stabilita in termini assoluti con il riferimento a un giorno, mese e anno precisi (per esempio: il 18 novembre 2021);
- può essere fissata riferendosi al verificarsi di un evento previsto dalle parti: la chiusura di una fiera; la cessazione di una lavorazione temporaneamente effettuata dall’azienda; il rientro in servizio del lavoratore sostituito ne costituiscono solo alcuni esempi.
Pertanto, il verificarsi dell’evento estintivo del rapporto non deve essere considerato un’ipotesi di cessazione anticipata o di licenziamento, ma di estinzione automatica del contratto.
Data di termine del contratto indicata indirettamente
Il ministero del Lavoro, a questo proposito, ha chiarito [3] che l’abrogazione della possibilità di riferirsi al termine del contratto di lavoro indirettamente, non significa che la data di cessazione debba per forza essere stabilita in termini assoluti, ma comporta la sola esclusione della possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza.
Il Ministero ha confermato, comunque, la possibilità che il termine del rapporto di lavoro si desuma indirettamente, ma ci si deve riferire, in questo caso, alla specifica motivazione che ha dato luogo all’assunzione. Pensiamo, per fare un esempio, all’ipotesi di assunzione in sostituzione della lavoratrice in maternità della quale non è possibile conoscere, anticipatamente, l’esatta data di rientro al lavoro.
In definitiva, il ministero del Lavoro, pur confermando la necessità di certezza circa la data di scadenza del rapporto, evidenzia la possibilità di far desumere il termine del contratto anche indirettamente in specifici casi come, ad esempio, la sostituzione di un lavoratore del quale non è possibile conoscere in anticipo la data di rientro.
Qualora il termine finale non sia indicato in termini assoluti, ma si possa desumere comunque dal contratto, è necessario specificare in modo dettagliato le ragioni che giustificano l’apposizione del termine, assicurandone la trasparenza e la veridicità. La causa dell’apposizione del termine non può essere modificata nel corso del rapporto.
Sostituzione: si deve indicare il nome del lavoratore assente?
Nel contratto a tempo determinato per ragioni sostitutive bisogna normalmente indicare per iscritto, oltre agli elementi essenziali, il nome del sostituito e, qualora non sia indicata la data del termine in modo assoluto, l’evento che determina la cessazione del rapporto, ad esempio “fino al rientro del signor R. M. dall’aspettativa”.
Qualora l’assunzione non avvenga per la sostituzione di un singolo lavoratore, ma si tratti della sostituzione di più lavoratori che ricoprono determinate mansioni, è possibile non indicare il nome o le iniziali dei sostituiti, ma è necessario indicare almeno una serie di elementi dai quali si desuma almeno il numero dei dipendenti da sostituire.
In un reparto della grande distribuzione commerciale, a rotazione, i lavoratori addetti alle stesse mansioni vanno in ferie nel periodo giugno-settembre: è possibile assumere uno o più dipendenti a termine per sostituirli ed omettere il nome del sostituito nel contratto, ma il datore di lavoro, nella lettera di assunzione, deve inserire una serie di elementi grazie ai quali determinare il numero dei dipendenti assenti per ferie (indicazione del reparto, mansioni, etc.).
Durata massima del contratto a termine
In ogni caso, anche se la data di effettiva cessazione del contratto non è espressa in termini assoluti, bisogna tener presente che la durata massima del rapporto a termine, stipulato tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, con le stesse mansioni o mansioni equivalenti, può essere di 24 mesi [4].
Il limite di 24 mesi può essere raggiunto per effetto di:
- un unico contratto;
- differenti contratti, ciascuno di durata inferiore ai 24 mesi, quali:
- contratti a tempo determinato conclusi tra le stesse parti per mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro (anche un contratto concluso anni prima, dunque, può essere considerato ai fini del limite di 24 mesi);
- somministrazione a termine del lavoratore allo stesso datore di lavoro, o utilizzatore, per mansioni di pari livello e categoria legale.
La durata massima di 24 mesi non si applica:
- alle attività stagionali [5];
- ai contratti a termine aventi ad oggetto, in via esclusiva, lo svolgimento di attività di ricerca scientifica.