Lavoro nero, stipendio non pagato, arretrati, tfr, ferie non godute: entro quando chiedere il dovuto al datore?
Non sono poche le irregolarità subite dalle badanti, nei rapporti di lavoro domestico: complici una gestione semplificata del contratto e le scarse informazioni fornite alle lavoratrici, spesso i datori di lavoro commettono dei veri e propri abusi, dal mancato pagamento di stipendio, tfr, ratei ed arretrati, sino all’impiego in nero.
Ma, se si accorge che sono state commesse delle violazioni, quanto tempo ha la badante per fare vertenza?
Innanzitutto, va detto che il rapporto di lavoro domestico costituisce una tipologia di rapporto di lavoro subordinato e, come tale, anche se con alcune importanti semplificazioni, è assoggettato alla stessa disciplina generale valida per il lavoro dipendente, oltreché alla legge sulla tutela del lavoro domestico [1] ed al contratto collettivo di settore [2].
La badante, in particolare, o assistente familiare, è una lavoratrice che svolge mansioni di assistenza alla persona ed è normalmente qualificata come collaboratrice domestica, qualora svolga le proprie mansioni esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro.
La contrattazione collettiva di settore [2] disciplina gli adempimenti connessi alla comunicazione riguardante l’instaurazione, la proroga, la trasformazione e la cessazione del rapporto di lavoro domestico, nonché gli aspetti che riguardano l’inquadramento dei lavoratori domestici, l’orario lavorativo e la retribuzione.
Come funziona la vertenza di lavoro?
Con il termine “vertenza di lavoro” o “vertenza sindacale” si è soliti definire, impropriamente, la conciliazione in sede sindacale. In realtà, il termine “vertenza di lavoro” indica in modo generico un contenzioso in materia di lavoro, ossia tra lavoratore e datore, o committente.
Per quanto riguarda la conciliazione, si tratta di uno strumento che spesso consente di risolvere in modo veloce e semplice un contenzioso in materia di lavoro: può essere sottoscritta non solo in sede sindacale, ma anche presso altre sedi stragiudiziali cosiddette “protette”, come l’Ispettorato territoriale del lavoro.
In sostanza, il lavoratore apre una contestazione nei confronti del datore di lavoro innanzi a un sindacato (o a un diverso organismo competente): il contenzioso se risolve se, a seguito dell’incontro tra le parti, si trova un accordo. Se non si perviene ad un compromesso, il lavoratore può decidere di rivolgersi in seguito all’autorità giudiziaria.
Quando si prescrive la retribuzione della badante?
Se la badante si ritrova con degli stipendi o, comunque con parte delle voci retributive (Tfr, rateo tredicesima, ferie non godute…) non pagati, non ha tempo illimitato per richiederli, in quanto i crediti retributivi sono soggetti a prescrizione.
Poiché in costanza di rapporto, normalmente, i lavoratori hanno timore di richiedere le proprie spettanze, normalmente i termini per la prescrizione dei crediti retributivi decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavorativo.
La prescrizione, comunque, si interrompe ed i termini decorrono nuovamente per effetto di qualsiasi atto scritto che evidenzi la richiesta di corrispondere il credito, o nel caso in cui il datore di lavoro riconosca il credito stesso.
Ad esempio, rientrano tra le cause di interruzione dei termini per la prescrizione:
- la notifica dell’atto di citazione in giudizio;
- la ricezione di ogni altro atto di richiesta del credito, quindi che metta in mora il debitore, cioè il datore di lavoro.
Quanto tempo ha la badante per denunciare il lavoro in nero?
Se la badante non è stata assunta regolarmente, ha 5 anni di tempo, da quando ha cessato l’attività, per denunciare il datore di lavoro. Il termine non cambia se la cessazione è avvenuta per dimissioni volontarie e non per licenziamento.
Tatiana ha lavorato come badante presso il signor Carlo Verdi per 20 anni in nero, senza una regolare assunzione. Al termine di questi 20 anni, si dimette. Può avviare la vertenza sindacale fino al termine del 25° anno rispetto all’inizio dell’attività.
La diffida inviata entro 5 anni al datore di lavoro interrompe la prescrizione e fa decorrere nuovamente il termine. In pratica, il termine per avviare la vertenza di lavoro può risultare anche superiore a 5 anni se, prima che si verifichi la prescrizione quinquennale, viene inoltrata una raccomandata con ricevuta di ritorno dalla badante, per rivendicare i propri diritti.
Si noti che, in merito al lavoro nero, recentemente è stato chiarito che il datore di lavoro è sanzionato, ma non è soggetto alla cosiddetta maxisanzione.
Come si assume regolarmente la badante?
Per assumere regolarmente la badante, si deve effettuare un’apposita comunicazione (modello Cold Ass):
- attraverso il portale web dell’Inps, accedendo con le proprie credenziali dispositive (Pin dispositivo, Spid di secondo livello, Cns carta nazionale dei servizi, Cie carta d’identità elettronica);
- tramite il call center Inps al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile (a pagamento, secondo la tariffa prevista dal proprio gestore telefonico);
- tramite intermediari abilitati, come i consulenti del lavoro o i patronati.
Quanto tempo ha la badante per chiedere gli arretrati?
Per chiedere stipendi, differenze retributive o ratei arretrati la badante ha 5 anni di tempo che decorrono, anche in questo caso, dalla cessazione del rapporto.
Si ricorda, a questo proposito, che mentre per la generalità dei lavoratori subordinati lo stipendio deve essere pagato con strumenti tracciabili, quest’obbligo non sussiste per i lavoratori domestici, che possono essere pagati in contanti.
È allora indispensabile che il datore di lavoro dimostri l’avvenuto pagamento, ad esempio chiedendo alla badante di sottoscrivere una ricevuta dei compensi erogati: in caso contrario, la lavoratrice ha il diritto di chiedere il dovuto.
Quanto tempo ha la badante per chiedere la liquidazione?
La liquidazione, o Tfr, ossia il trattamento di fine rapporto, fa parte della retribuzione differita della badante e di tutti i lavoratori dipendenti in generale. In buona sostanza, si tratta di una spettanza (pari al totale della retribuzione utile annua diviso 13,5) che matura tutti i mesi, nella misura di 1/12, ma viene erogata solo alla fine del rapporto. Badanti e colf hanno la facoltà, a differenza di quanto avviene per la generalità dei lavoratori subordinati, di domandare un’anticipazione del 70% della liquidazione, annualmente. Ne abbiamo parlato in: Calcolo Tfr colf e badanti.
Ad ogni modo, cessato il rapporto di lavoro, la badante ha 5 anni di tempo per chiedere il Tfr.
Quanto tempo ha la badante per chiedere i contributi Inps?
La badante in nero o, in generale, la badante che si accorga che la contribuzione Inps non è stata accreditata, può richiedere al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali.
Bisogna ricordare, a questo proposito, che i contributi si prescrivono in 5 anni; il termine di prescrizione diventa pari a 10 anni solo nel caso in cui il lavoratore abbia presentato formale denuncia di omessa contribuzione all’Inps.
Attraverso la costituzione della rendita vitalizia, comunque, è possibile recuperare i contributi omessi e prescritti.
Quanto tempo ha la badante per chiedere l’indennità per ferie non godute?
Se la badante non ha potuto godere di tutte le ferie spettanti da contratto (normalmente pari a 26 giorni all’anno, vedi Calcolo ferie colf e badanti), senza che sia stata erogata l’indennità sostitutiva, il termine per chiedere le somme in sostituzione del diritto al riposo è di 10 anni.
A seconda della natura attribuita all’indennità per ferie non godute, discendono conseguenze in merito ai termini di prescrizione, che variano da 5 a 10 anni a seconda che all’indennità si attribuisca, rispettivamente, un carattere retributivo (ossia è considerata parte della retribuzione) o risarcitorio (in questo caso, l’indennità è considerata alla stregua di un risarcimento) [3].
Quanto tempo ha la badante per impugnare il licenziamento?
Il licenziamento della badante può avvenire “ad nutum”, cioè senza giusta causa o giustificato motivo (ci sono comunque dei casi in cui il licenziamento è vietato, ad esempio durante la maternità).
Anche se il licenziamento della badante non deve essere giustificato, è necessario fornire il preavviso minimo previsto dal contratto collettivo (a meno che la cessazione non avvenga per giusta causa).
La badante assunta a termine può essere licenziata prima della scadenza del termine solo per giusta causa.
La badante ha tempo 60 giorni per contestare il licenziamento, a partire dalla ricezione della comunicazione.
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