
Invalido e portatore di handicap con familiari benestanti: le prestazioni assistenziali erogate dagli enti pubblici spettano comunque?
La Costituzione [1] garantisce a tutti i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
L’inabile può avere anche diritto a delle prestazioni assistenziali senza necessità di provare di essere sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, nei casi in cui le sue condizioni di salute risultino talmente gravi da non consentire di svolgere gli atti quotidiani della vita senza assistenza, o da non consentire di camminare senza l’aiuto di un accompagnatore. Una delle prestazioni per le quali non è richiesta la prova dei mezzi è l’indennità di accompagnamento.
Ma il riconoscimento dell’assistenza a prescindere dalle condizioni economiche dell’interessato vale anche per l’accoglienza del disabile all’interno delle strutture residenziali, come le rsa? In altri termini, il disabile grave di famiglia ricca ha diritto all’assistenza? A pronunciarsi sulla questione è stata la Corte di cassazione, con una nuova ordinanza [2].
La Suprema corte, in particolare, chiarisce se il disabile grave non autosufficiente abbia il diritto all’accoglienza all’interno di strutture residenziali a prescindere dall’impegno al pagamento della retta da parte sua o dei familiari, se il ricovero risulta necessario in base alle sue condizioni di salute.
La Cassazione, nell’ordinanza, ha anche illustrato quali sono gli obblighi gravanti sullo Stato e sugli enti pubblici, come previsti anche dalla Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali [3] e quali sono gli obblighi che gravano sulla famiglia dei disabili destinatari di prestazioni sanitarie e assistenziali. Ma procediamo con ordine.
Quali requisiti per ottenere le prestazioni economiche di assistenza?
In generale, perché l’invalido possa ottenere dei trattamenti economici di assistenza erogati dall’Inps sono richiesti, oltre a specifici requisiti sanitari, anche dei requisiti economici. Le condizioni economiche devono risultare verificate, a seconda del beneficio richiesto, o in relazione al solo disabile, o al disabile ed al coniuge, oppure all’intero nucleo familiare:
- l’assegno di assistenza per invalidi civili parziali richiede il riconoscimento dell’invalidità civile (cioè della riduzione della capacità lavorativa generica) in misura almeno pari al 74% ed il possesso dello stato di disoccupazione e di un reddito personale massimo in capo al disabile; per approfondire, vedi: Pensione d’invalidità civile;
- la pensione d’inabilità civile richiede il riconoscimento dell’invalidità civile in misura pari al 100% ed il possesso di un reddito personale massimo in capo al disabile, più elevato rispetto a quello previsto per l’assegno di assistenza; qualora si richieda l’incremento al milione, cioè l’incremento dell’assegno sino a 651,51 euro mensili, è richiesto anche un limite massimo di reddito del coniuge, sommato a quello del disabile;
- la pensione di cittadinanza ed il reddito di cittadinanza, non trattandosi di prestazioni di assistenza specificamente destinate ai soli disabili, prevedono la verifica dei requisiti di reddito in capo all’intero nucleo familiare, richiedendo l’Isee della famiglia;
- ci sono comunque delle prestazioni di assistenza specificamente destinate ai disabili, come quelle previste dal programma Inps Home care premium, che prevedono la verifica dei requisiti di reddito in capo all’intero nucleo familiare;
- l’assegno di accompagnamento, invece, destinato ai disabili particolarmente gravi, cioè agli invalidi civili non in grado di deambulare autonomamente senza l’aiuto di un accompagnatore, oppure non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza virgola non richiede il rispetto di requisiti di reddito.
Ci si domanda ora, in relazione all’accoglienza presso strutture assistenziali dell’invalido, se sia richiesto il rispetto di determinate soglie reddituali: al disabile con parenti ricchi va comunque garantita l’accoglienza da parte degli enti assistenziali?
Il disabile ha diritto al ricovero in rsa se la famiglia è benestante?
Abbiamo osservato che, in relazione a specifiche prestazioni assistenziali a favore del disabile, non è richiesta la valutazione dei requisiti di reddito, sia proprio che del coniuge o dell’intero nucleo familiare. Che cosa prevede la legge, però, in relazione al ricovero presso una struttura sanitaria residenziale pubblica? L’accoglienza di un disabile grave non autosufficiente, resasi necessaria in ragione delle sue condizioni di salute, deve essere attuata comunque da parte degli enti preposti all’assistenza, oppure è condizionata al previo impegno al pagamento totale o parziale dei relativi costi da parte del beneficiario o dei suoi familiari? In base a quanto chiarito dalla Suprema Corte [2], se l’interessato è portatore di un handicap gravissimo, sussiste il dovere dell’ente pubblico, in particolare del Comune, di intervenire sul piano sanitario ed assistenziale: l’intervento non può essere condizionato all’assunzione di impegni economici da parte dei beneficiari o dei suoi familiari.
Secondo la Cassazione, difatti, in questi casi si tratta di interventi necessari, obbligatori per gli enti preposti alla tutela degli interessi del disabile. Gli enti pubblici, compresi gli enti locali, hanno il dovere di attuare i livelli essenziali di assistenza, individuati dalla Costituzione [1].
Il Comune può pretendere il pagamento delle rette dai familiari del disabile?
La legge in materia di ricovero dei disabili [4], in verità piuttosto datata, prevede il recupero, a favore dell’ente pubblico, delle rette di ricovero dell’invalido, nei confronti di chi è per legge tenuto a prestare gli alimenti al soggetto in stato di bisogno. In pratica, secondo questa legge i familiari sono obbligati a rimborsare all’ente pubblico le rette dell’rsa.
Tuttavia, la legge è stata abrogata nel 2008 [5], anche se secondo parte della dottrina l’abrogazione risale, di fatto, addirittura al 1978 [6], secondo altri orientamenti almeno al 2000 [3].
Secondo la Cassazione [2], le spese assistenziali si legano strettamente a quelle sanitarie quando sono rese in un contesto unitario e rivestono il carattere di interventi di interesse pubblico: come osservato, si tratta di interventi necessari, compresi nei livelli essenziali di assistenza individuati dalla Costituzione [1], che gli enti pubblici sono obbligati ad attuare.
Di conseguenza, pur non potendosi escludere a priori la sottoscrizione di accordi volontari di compartecipazione dei congiunti alle spese di assistenza, in mancanza di tali accordi l’ente non può procedere a rivalsa sui familiari del disabile, neanche in presenza di una normativa regionale che la preveda.
Peraltro, i congiunti da considerare nei calcoli Isee non coincidono con i parenti ed i soggetti gravati dall’obbligo alimentare [7]: se così fosse, si renderebbe ancor più gravosa la situazione dei familiari dei disabili.
Diritto al ricovero per il disabile
La Cassazione ha dunque concluso affermando che l’accoglienza presso strutture residenziali del disabile grave non autosufficiente:
- è dovuta dall’ente territorialmente preposto all’assistenza;
- non può essere condizionata al previo impegno al pagamento da parte dell’interessato o dei familiari;
Inoltre, la Suprema Corte ha chiarito che:
- l’ente non può recuperare presso i familiari i costi delle rette per l’assistenza;
- il recupero non può neppure essere azionato sulla base delle regole generali in tema di alimenti o di mantenimento;
- l’ente può azionare il recupero solo se sono stati stipulati accordi volontari con i congiunti dei beneficiari delle misure.
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